Che fine ha fatto "Monster Face"?

Giovanni Pantaleone AIELLO – un ex Poliziotto dalla vita avvolta nei misteri più fitti sino alla sua morte e forse anche dopo. Per il suo viso deturpato era stato definito l'uomo dalla faccia da mostro. Ma forse costui di mostro non aveva solamente il volto ma anche l'animo ed il cuore.
Per anni durante la mia attività professionale, ho indagato ho cercato collegamenti ho trovato fonti ho scavato nella vita delle persone venendo a conoscenza dei loro scheletri e dei loro più intimi segreti. Adesso quel tempo è finito. Ci sono però vicende di cronaca che meritano di essere approfondite e analizzate in quanto appaiono oscure e anche perché ancora non si sono concluse. Sulla lunga vicenda di Giovanni AIELLO, secondo me ancora non si è saputo molto, anzi per essere precisi solo da pochi anni si è venuti a conoscenza di una minima parte di quella che è stata la sua vita sin da quel lontano giorno in cui giovane calabrese partì dalla sua Montauro per arruolarsi nelle Guardie di Pubblica Sicurezza. Una vita cosparsa di Chi COME FORSE etc etc ma niente di sicuro. Una vita avvolta da un alone di mistero che lui stesso aveva contribuito ad alimentare senza mai smentire nessuno degli episodi che gli venivano attribuiti, tranne negli ultimi anni della sua vita solitaria sulla spiaggia di Calalunga a Montauro Scalo con vicino solo i pochi amici che aveva e di cui ancora non conosco i nomi. Era un tipo spavaldo Gianni AIELLO specie in gioventù quando ormai poliziotto, faceva ritorno alla sua Montauro e nelle discoteche della zona spesso si dimostrava arrogante ed attaccabrighe avvalendosi della sua qualifica istituzionale! Se mai un giorno su di lui si potrà sapere tutta ma tutta la verità, sarà veramente un gran giorno in cui tantissime domande avranno risposta. Però per ottenere tali risposte bisognerà scoperchiare tutte le pentole messe a bollire nel profondo sud isola compresa e non credo sia possibile nemmeno al più ardito degli arditi, perché non gliene daranno mai la possibilità.
La figura oscura di un ex poliziotto che pochi conoscono si confonde con quella di molti altri bagnanti che quel 21 agosto 2017 affollano la spiaggia di Calalunga. Siamo a Montauro Scalo sulla costa jonica catanzarese, luogo situato tra Pietragrande e Montepaone Lido, insomma a due passi da Soverato. L'uomo con la faccia deturpata e abbronzata dal sole che qualche anno prima gli ha valso l'appellativo di "FACCIA DA MOSTRO" è intento a tirare la barca con cui solitamente va a pesca e spesso il suo pescato lo vende ai turisti che in quel tratto di mare si godono le vacanze. A pochi metri dalla spieggia e separata da un vialetto, si trova la sua baracca dove solitamente vive ed è abituato a riunirsi con i pochi amici che ha per consumare pranzi o cene. In paese viene considerato un uomo schivo non propenso al dialogo e le ore della giornata le trascorre quasi tutte nella baracca nonostante a meno di cento metri dietro la stessa baracca ci sia la sua abitazione ove vive la moglie. Viene descritto come un grande amante del mare al punto che secondo alcuni, nei periodi estivi in quella sua baracca ci si ferma anche per dormire nelle ore notturne. Improvvisamente si ferma cade a terra colto da un malore . Solo allora gli altri presenti si accorgono di lui. Viene chiamato il 118, ma i sanitari non possono far altro che constatarne la morte.
Quell'uomo si chiamava Giovanni Pantaleone AIELLO un ex poliziotto dal passato non oscuro ma molto di più, un passato nero come le tenebre che mai hanno lasciato filtrare uno spiraglio di luce che illuminasse la sua esistenza criminale di cui nessuno dei suoi compaesani conosceva l'esistenza.
In queste pagine sto cercando da tempo di ricostruire in qualche modo, quella che è stata la sua vita a Montauro e verificare se effettivamente era il mostro criminale per il quale è stato descritto. Una ricerca non certo facile e che s'intreccia con fatti di mafia accaduti nei decenni passati a Palermo e di cui nessuno vuole parlare.
Questo soggetto in un certo qual modo ha risvegliato il mio istinto assopito di ex sbirro ormai in pensione, ma con un trascorso all'antiterrorismo della D.I.G.O.S. di Roma e poi 17 anni alla Squadra Mobile di Reggio Calabria, sempre in prima linea.
Giovanni Pantaleone AIELLO nasce a Montauro (Catanzaro) il 03.02.1946.
Il 28.12.1964 si arruola nel disciolto corpo della Guardie di Pubblica Sicurezza. Quindi circa 10 mesi dopo aver compiuto il 18° anno di età. (Va ricordato che in quegli anni, maggiorenni si diventava a 21 anni e solo nel marzo del 1975 la maggiore età fu scesa ai 18). Comunque allora la Pubblica Sicurezza era ad ordinamento militare per cui ci si poteva arruolare dopo il compimento dei 18 anni come Allievo Guardia, militare a tutti gli effetti con le stellette. Infatti nei primi 6 mesi gli allievi venivano istruiti da Ufficiali e Sottufficiali dell'esercito e ciò valeva come servizio di leva.
Andiamo avanti. AIELLO Giovanni viene inviato alla Scuola di formazione di Nettuno dove in data 8 giugno 1965 ne esce effettivo con sufficiente profitto. Insomma all'incirca dopo 6 mesi di corso. Tutto ciò si evince dallo stralcio del foglio matricolare. Da giugno a dicembre dello stesso anno il foglio matricolare tace. Dalla mia personale conoscenza, penso che lo stesso in quei mesi abbia completato il corso di addestramento sempre presso la stessa Scuola di Nettuno. Il primo dicembre 1965 lo ritroviamo presso il X Reparto Mobile di Foggia. Profitto "inferiore alla media. Esattamente un anno dopo 1 dicembre 1966 invece si trova al II Reparto celere di Padova con profitto sempre "inferiore alla media" il 1 dicembre 1967 sempre al II Reparto Celere di Padova questa volta con profitto "nella media" il 1 dicembre 1968 è ancora a Padova. Questa volta in merito al profitto il suo foglio matricolare recita:-"Non classificato".
Dicembre del 69 invece si trova a Venezia. Profitto: "non classificato". Insomma non era quel che si dice uno poliziotto modello.
Giova ricordare che in quegli anni le Guardie di Pubblica Sicurezza sono dei militari a tutti gli effetti. Poi accade l'episodio della ferita al volto. Il 25 luglio 1967 a Nuoro durante un servizio la ferita alla mandibola destra che in seguito gli farà attribuire il soprannome di "FACCIA DA MOSTRO". Ebbene in quella data, di fatto lui presta servizio presso il II Reparto Celere di Padova. Può anche essere che da Padova in quegli anni uomini di questo Reparto possano essere stati distaccati in Sardegna a Nuoro con mansioni di anti abigeato e anti sequestri! Anche se è difficile da credere. Nell'estate del 1967 il sessantotto con i suoi moti studenteschi bussava alle porte. Padova come tante altre città dell'Italia centrale e del nord sede di università si trovava al centro di rivolte e proteste. Appare illogico che il II reparto Celere si privasse di effettivi per spedirli in Sardegna. Ciò non toglie che tutto sia stato possibile allora anche se è da considerare che all'epoca solitamente i Reparti Celere erano considerati reparti punitivi e la stessa Sardegna sede punitiva. Allo stesso tempo un altro stralcio del suo foglio matricolare riporta:- Nuoro al termine di un servizio di appiattamento (appostamento solitamente effettuato in zone montagnose o di campagna), mentre attendeva l'auto…. Per il rientro in sede, inavvertitamente partiva un colpo d'arma da fuoco dal fucile Steyr M ( Il fucile Steyr-Mannlicher M1895 è un fucile a ripetizione manuale a otturatore scorrevole e nel 1967 secondo una fonte autorevole, detta arma era in dotazione alla Polizia impegnata in Sardegna con compiti di antisequestro e anti abigeato. La stessa fonte autorevole riferiva che in quegli anni per fare fronte a questi reati frequenti sull'Isola, veniva inviato personale da ogni caserma d'Italia.
Ma ritorniamo alla dinamica del ferimento accidentale. Dicevamo, lo stralcio di foglio matricolare riportava: inavvertitamente partiva un colpo d'arma da fuoco dal fucile Steyr M provocandogli la ferita fianco segnata. Ovvero frattura esposta alla mandibola. A seguito di questa ferita così come riporta il foglio matricolare in data 14 cancellato e di sopra scritto 16. 10 ovvero ottobre 19….. non si legge altro… AIELLO viene inviato all'ospedale militare di Cagliari
Premessa: ( in data 28.03.1995 AIELLO fa richiesta alla Prefettura di Catanzaro per il rilascio del porto di pistola in quanto anche a seguito del servizio di particolare pericolosità espletato nel disciolto corpo della Guardie di Pubblica Sicurezza, aveva riportato una ferita di colpo d'arma da fuoco durante la cattura del noto Graziano MESINA) ( in realtà Il 26 marzo 1968 il bandito sardo viene catturato in seguito a un normale controllo dalla Polizia Stradale alle porte di Orgosolo).
Che l'AIELLO magari lui stesso abbia contribuito a creare attorno a se un alone di leggenda è mistero sull'episodio del ferimento e su altri aspetti inquietanti della sua vita appare evidente com' è anche vero che i due stralci del suo presunto foglio matricolare sono scritti a penna (all'epoca funzionava in tal modo e da nessuna parte di questi due fogli appare il suo nome. Sarebbe stato preferibile che fosse reperibile anche la prima pagina del foglio matricolare di faccia da mostro! Di fatto questi stralci potrebbero essere pagine di un foglio matricolare appartenuto ad altro elemento della Pubblica Sicurezza. Non possiamo saperlo. La parte interessante di questo stralcio è quella finale. Riporta . data 15.6. 968 (ovvero il giorno della compilazione di questa nota) "turbe nevrotiche . poi a fianco:- Padova Proc…….N° 959 del 15.10.1975 dalla C.M.O. di Palermo.
Questa ultima nota è molto confusa. Errore del compilatore o manipolazione?
Vita oscura quella di AIELLO Giovanni. Tantissimi sono i i punti misteriosi anche il manifesto funebre della sua morte. Aiello muore il 21 agosto 2017.

Il manifesto funebre riporta.- Montauro 23 agosto 2015. Svista del tipografo? Possibile che la signora Maria SQUILLACIOTI titolare all'epoca dell'agenzia di pompe funebri che fu incaricata dei funerali non si accorse della chiamiamola svista del tipografo? SE si fosse trattato di un soggetto qualsiasi non sarebbero sorti dubbi, ma il morto era Giovanni AIELLO non un individuo qualsiasi. Può essere non può essere, ma sbagliare di due anni mi sembra un po' troppo. Inoltre dello stesso funerale non trapelò niente. Chi lo ha visto morto, chi lo ha soccorso. Chi invece in tutta fretta effettuò autopsia fu il medico legale dottoressa Maria CHIARELLI che a quanto sembra non si trova più a Catanzaro. Niente di niente, solo notizie riportate dai mezzi d'informazione e basta. La salma arriverà direttamente in chiesa, sta scritto sul manifesto! Gianni il pescatore muore il 21 agosto e già la mattina del 23 agosto, ovvero dopo poco tempo dal decesso, il primo responso:- non ci sono elementi che lascino sospettare cause non naturali del decesso. Cavolo nemmeno il buon Dottor Pasquano della serie Montalbano sarebbe stato così veloce nell'effettuare l'esame autoptico e fornire il risultato. Mi chiedo perché tutta questa fretta! Bisognava chiudere la vicenda al più presto? E perché? Comunque al suo funerale Aiello se avesse potuto vedere, avrebbe visto un centinaio di persone applaudire la sua bara. Segno che di amici a Montauro ne aveva nonostante il clamore mediatico e le tremende colpe che gli erano state attribuite dopo che il suo nome era venuto alla ribalta, insomma dopo che faccia da mostro ebbe un nome ed un cognome.
Il 19 dicembre arriva il responso finale della perizia effettuata sul cadavere. Nulla di sospetto. Gli esami tossicologici sono negativi. Decesso per malore cardiaco. Il primo verdetto viene confermato adesso e per sempre. Nessuno potrà mai più stabilire il contrario, del resto. La salma viene restituita ai familiari, si può procedere con la cremazione. AIELLO si avvalse della difesa di due avvocati Eugenio BATTAGLIA e Ugo CUSTO. Come riportato dai media, dopo la sua morte il legale BATTAGLIA dichiarò che lo stesso AIELLO in precedenza prima di morire aveva asserito che una volta morto il suo corpo doveva essere cremato. (Non è chiaro in quale circostanza l'avvocato BATTAGLIA rese pubblica questa ultima volontà di faccia da mostro, se lo fece davanti la chiesa dopo il funerale oppure in altri tempi e luoghi differenti. Forse lo dichiarò alla stampa presso il Policlinico universitario di Catanzaro, dove il cadavere fu subito trasferito dopo il decesso! Comunque mi sarebbe piaciuto approfondire questa circostanza. Mi chiedo che motivo aveva veramente una persona come lui ad esprimere questo desiderio? A quanto risulta non soffriva di patologie particolari. Conduceva vita sana e all'aperto in riva al mare, perché mai doveva pensare alla morte? Ovviamente l'avvocato BATTAGLIA non specifico in che occasione l'AIELLO gli confidò che dopo morto voleva essere cremato! Battaglia, il giorno del suo funerale sul sagrato della chiesa all'uscita della bara, prese la parola ed esclamò alcune semplici parole:-"siamo orgogliosi di essere stati tuoi amici. Sei stato un uomo mite, punto di riferimento.
Subito dopo la salma fu trasferita nel vicino cimitero fermo restando che la cremazione sarebbe stata effettuata dopo il deposito degli esiti degli esami disposti dopo l'autopsia
(Questo è quanto riportano i giornali e le numerose testate online che scrissero della vicenda. CI fosse stato un giornalista, dico un giornalista che si prendeva la briga di approfondire i dettagli e appurare altri particolari!
Mi domando
Solo un autopsia fu effettuata sul cadavere di AIELLO? Oppure il responso finale della perizia datato 19 dicembre 2017 si fondò sui riscontri degli esami effettuati durante la prima e forse unica autopsia effettuata presso il Policlinico di Catanzaro?
Risposta: sul cadavere di Giovanni AIELLO fu effettuata solo una sola autopsia
Dal giorno del suo funerale sino al giorno della sua cremazione, la salma dove venne custodita?
Risposta:-
Fu provvisoriamente tumulata in un loculo del cimitero di Montauro. Cimitero privo di un custode.
Dove fu cremato Giovanni AIELLO e quando fu cremato?
Risposta:-
Giovanni AIELLO sino al 5 aprile 2023 non è stato ancora cremato
Il Dottor Mario MATARAZZO è un medico legale della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Reggio Calabria. Lo incontro una domenica mattina fuori dalla chiesa, all'uscita della messa. Lo avvicino mi presento e gli faccio qualche domanda di carattere professionale accennandogli sommariamente e genericamente senza fare alcun nome, su che tipo di esami vengono svolti sul cadavere di una persona morto improvvisamente per sospetto infarto e poi confermato dall'autopsia. Il tempo ed il luogo non consentono di approfondire o dilungare l'argomento, per cui scambiamo le e mail rimanendo d'accordo che gli farò pervenire una serie di domande a cui lui risponderà. Alcuni giorni dopo il Medico legale Dr. MATARAZZO mi contatta via e mail ed io gli invio subito le domande preparate e di seguito riportate.
La persona su cui stiamo approfondendo le notizie che lo riguardano, muore il 21 agosto del 2017 all'età di 71 anni mentre è intento a tirare la barca sulla spiaggia. Gli ultimi anni della sua vita sono caratterizzati da una vita sul mare. Praticamente vive in una baracca di pescatore situata sulla spiaggia in Calabria, costa jonica catanzarese. Al momento non siamo a conoscenza del tipo di alimentazione che aveva adottato e nemmeno delle condizioni igieniche in cui viveva. Disconosciamo anche se gli erano state riscontrate patologie pregresse al suo decesso. In definitiva, non sappiamo se magari era diabetico oppure cardiopatico o soffriva di altre malattie tali da giustificare l'improvviso infarto.
La DDA di Catanzaro dispone che l'autopsia sia effettuata nel giro di 24 ore Poi la mattina del 23 agosto, ovvero dopo poco tempo dal decesso, il primo responso:- non ci sono elementi che lascino sospettare cause non naturali del decesso. Quindi nella giornata dello stesso 23 agosto alle ore 17.30 gli fanno il funerale. Però si deve aspettare il responso finale della perizia effettuata sul cadavere che arriverà il 19 dicembre dello stesso anno ovvero il 2017 circa 4 mesi dopo e poi la salma viene cremata per volontà del defunto espressa quando era in vita.
Prima domanda:-
Tecnicamente quali tipi di esami vengono effettuati su un cadavere per stabilirne le cause della morte e soprattutto quale esame specifico rivela la causa dell'infarto?
Seconda domanda:-
è importante il fattore tempo per effettuare l'autopsia, ovvero se non la si effettua subito, il ritardo può influire o compromettere gli esiti dell'esame oppure la salma può essere conservata in cella frigorifera ed effettuare l'autopsia in seguito con calma e tranquillità?
PREMESSA
Costui muore il 21 agosto, in piena estate a mattinata inoltrata con la spieggia piena di bagnanti.
(è deceduto tra i bagnanti mentre cercava di portare a riva la propria barca. Dopo avere tirato su l'imbarcazione assieme ad altri bagnanti che lo hanno aiutato la persona in questione si è accasciata. Il soggetto che aveva 71 anni, è stato soccorso immediatamente dalle persone che si trovavano nella spiaggia. E' stato anche utilizzato un defibrillatore, recuperato in una struttura balneare vicina, ma non c'è stato nulla da fare. Sul posto sono immediatamente intervenuti anche i sanitari del 118 che hanno potuto solo constatare il decesso dell'uomo. La morte potrebbe essere stata causata da un infarto). La salma viene trasportata al Policlinico universitario di Catanzaro per effettuare l'autopsia)
Terza domanda:-
E' sufficiente solo un'autopsia per avere i due responsi, ovvero quello del 23 agosto a distanza di meno di 48 dalla morte e poi quello finale del 19 dicembre ovvero dopo 4 mesi circa, oppure in questo lungo lasso di tempo il cadavere deve essere necessariamente sottoposto a nuovo esame, cioè sezionato nuovamente?
Quarta domanda:
Se il cadavere, al fine di ottenere il risultato finale deve essere necessariamente sezionato di nuovo; la salma nel frattempo deve essere conservata in cella frigorifera oppure può essere tumulata e poi riesumata?
Quinta domanda:- in situazioni del genere, solitamente quali prassi si segue?
Sesta domanda:-
Se il cadavere è stato sottoposto ad una seconda autopsia, il metodo di conservazione della salma può compromettere o far variare i risultati degli esami?
Settima domanda:-
Il risultato finale della causa della morte del soggetto, ovvero il responso finale del 19 dicembre si può ottenere basandosi solo su campioni del corpo del defunto estratti durante la prima autopsia del 23 agosto?
Ottava domanda:-
Dalle ceneri di un corpo cremato è possibile risalire al DNA? (In merito su Internet non si trova niente.)
Alcuni giorni dopo e precisamente la sera del 17 febbraio 2022 mi arriva la sua risposta
Risposta Dottor MATARAZZO del 17 02 2022
Buonasera.
Premesso che non conosco i dettagli clinici, anamnestici e circostanziali e che ogni caso presenta sue proprie caratteristiche e peculiarità, le mie brevi osservazioni di seguito esposte hanno carattere generale e non vogliono né possono essere acriticamente utilizzate o adattate al caso in Vs esame, né costituiscono parere in merito al detto caso.
Per stabilire la causa della morte di un essere vivente si esegue l'esame autoptico che si può integrare con lo studio istologico dei tessuti più importanti. Nel caso di sospetto di morte cardiaca lo studio anatomo-patologico del cuore assume rilevante valore.
Non sempre, tuttavia, in caso di cardiopatia ischemica (es. infarto) gli esami istologici danno delle indicazioni, specialmente qualora la patologia insorga subito (o poco) prima dell'exitus. In tal caso può essere utile valutare altri dati (es. pregressi episodi di cardiopatia ischemica, stato delle coronarie, ecc.) .
L'autopsia va eseguita tempestivamente, compatibilmente con tutte le necessità connesse alle esigenze di giustizia. In ogni caso, se un cadavere viene correttamente conservato in cella frigorifera l'esecuzione dell'autopsia a distanza di qualche giorno dal decesso non influenza né i risultati né i successivi eventuali esami diagnostici.
Il medico che esegue l'autopsia giudiziaria compila al termine delle sue attività una relazione che consegna al Magistrato che l'ha incaricato. Quindi, a meno di richiesta di integrazioni o per altre necessità, la relazione sulle attività autoptiche è una.
Se occorre eseguire più attività, il cadavere deve essere correttamente conservato fino al termine di esse.
Al termine dell'autopsia e comunque allor quando cessano le esigenze di giustizia, il Magistrato competente rilascia il nulla osta al seppellimento, per cui il cadavere non deve essere più conservato in cella frigo ma viene riconsegnato ai familiari del defunto per la sepoltura.
Ovviamente se un cadavere dovesse essere sottoposto ad ulteriori accertamenti autoptici, si presenterebbe l'ulteriore difficoltà di svolgere detta attività su un cadavere che per un certo tempo è stato esposto all'azione dei fenomeni cadaverici trasformativi.
Dott.Mario Matarazzo
Leggendo il contenuto dei quesiti che avevo sottoposto all'esimio Medico Legale, rimango leggermente deluso in quanto mia spettavo delle risposte precise, ma comprendo e lo ringrazio per il tempo dedicatomi. Ma analizziamo alcuni passaggi da Lui descritti.
Il Dr MATARAZZO scrive:- L'autopsia va eseguita tempestivamente, compatibilmente con tutte le necessità connesse alle esigenze di giustizia. In ogni caso, se un cadavere viene correttamente conservato in cella frigorifera l'esecuzione dell'autopsia a distanza di qualche giorno dal decesso non influenza né i risultati né i successivi eventuali esami diagnostici. Perfetto, AIELLO muore nella mattinata del 21 agosto del 2017 in un contesto del tutto naturale simili ad altri migliaia di casi- Non è stato sparato, non è stato accoltellato, non è stato colpito da alcun oggetto contundente, non presenta tracce di sangue o ferite alcune, anche ad un profano, il primo pensiero che gli passa per la testa è che il poveretto è deceduto per un malore e di conseguenza si pensa in automatico all'infarto! Allora mi domando, siamo al 21 agosto, fa caldo e la gente è in ferie quindi non tutti sono reperibili. Quale esigenze di giustizia ci furono quel giorno da giustificare l'immediata autopsia dell'AIELLO? Il suo cadavere poteva essere comodamente conservato in cella frigorifera e poi nei giorni seguenti eseguire con molta calma gli esami necessari sul corpo per stabilirne le cause del decesso. Invece il treno corre veloce, (mi chiedo se al posto di faccia da mostro il morto fosse stato un tizio qualsiasi, si sarebbe proceduto allo stesso modo! Non credo proprio. Il treno corre talmente veloce che di fatto la mattina del 23 agosto, si ha già un primo responso :-deceduto per cause naturali. Da quel giorno ormai sono passati alcuni anni ma l'episodio meriterebbe di essere approfondito. Da ex poliziotto, faccio il difensore del diavolo e ipotizzo. L'autopsia fu eseguita subito per stabilire se eventualmente AIELLO fosse stato avvelenato da qualche sostanza particolare, dato che non presentava alcuna ferita.
Ma anche in tal caso conservando il corpo in cella frigorifera ed eseguendo l'autopsia giorni dopo, si sarebbe potuto accertare ugualmente. Invece ….zac…. subito la risposta, una sorta di messaggio all'opinione pubblica e forse anche a qualcuno in alto per rassicurarlo. Ma l'obbiettivo principale viene raggiunto, la risposta è chiara e sintetica. Signori cari, Giovanni AIELLO non è stato ucciso, è morto solo perché era arrivata la sua ora segnata dal destino, causa naturale. Un pensiero attraversa la mia mente e faccio un paragone forse illogico. Con la mente mi sposto a Palermo 28 anni prima. Nino AGOSTINO il poliziotto di Palermo muore ammazzato insieme alla moglie Ida Castelluccio il 5 agosto del 1989. Nelle ore successive la sua abitazione fu perquisita accuratamente dai suoi colleghi alla ricerca di eventuali tracce che riconducessero al duplice omicidio e se non ricordo male anche qualche giorno dopo la sua abitazione fu perquisita nuovamente! Muore Giovanni AIELLO , persona si mai arrestata e condannata, ma indagato da 4 Procure, con un ipotetico curriculum criminale da far paura, almeno per quanto hanno detto e scritto di lui; ma la sua abitazione quella della moglie i luoghi a lui in uso furono perquisiti furono controllati alla ricerca di qualsiasi traccia riconducibile alla sua morte improvvisa o magari al suo passato o magari anche ad un suo ipotetico ed immaginario DOSSIER che lui forse aveva stilato duranti i trascorsi anni della sua vita? Preciso. DOSSIER ipotetico ed immaginario, ma non impossibile. Al momento non è possibile stabilirlo. Vedremo più avanti.
Di fatto, il 23 agosto si ha il responso dell'autopsia e il giorno dopo ovvero il 24 agosto alle ore 17.30 nella Chiesa di San Pantaleone in Montauro, vengono celebrati i funerali. Presenti un centinaio di persone che applaudono alla bara alla sua uscita e con l'avvocato Eugenio BATTAGLIA all'uscita del feretro tesse le lodi di AIELLO esclamando siamo orgogliosi di essere stati tuoi amici. Sei stato un uomo mite, punto di riferimento. Ma questo lo avevo già scritto. La salma viene tumulata nel vicino cimitero di Montauro. In merito esiste un servizio televisivo di Sandro RUOTOLO che recatosi nel citato cimitero, la telecamera inquadra la tomba di faccia da mostro.

Ruotolo esclama: vedete non c'è
neanche la lapide ma solo due iniziali Giovanni AIELLO G/A.
Fam AIELLO PAONE due sole iniziali G divisa da una sbarra trasversale / e poi una A. Evidentemente nel corso della sua esistenza il suo secondo nome Pantaleone era stato dimenticato da tutti.
Eppure il mio istinto di ex sbirro mi suggerisce che anche in merito alla sua morte, su Giovanni AIELLO alias "faccia da mostro, qualcuno abbia volutamente effettuato dei depistaggi. Qualcuno che aveva fretta di mettere definitivamente una pietra tombale sopra l'ex poliziotto. Anche questo a mio avviso rimarrà un mistero irrisolto.
Riporto alcune delle dichiarazioni che AIELLO rilasciò all'inviato di Repubblica:
Faccia da mostro allontana da sé ogni accusa: "Sono qui, libero, mi addossano cose tanto enormi che non mi sono nemmeno preoccupato di nominare un avvocato per difendermi. Se avessi fatto tutto quello di cui mi accusano — lo so che ancora i miei movimenti e i miei telefoni sono sotto controllo — dovrei avere agganci con qualcuno al ministero degli Interni, ma io al ministero ci sono andato una sola volta quando dovevo chiedere la pensione d'invalidità per la cicatrice". Sulla stessa ha detto: "Nel 1966 i sequestratori della banda di Graziano Mesina mi hanno ridotto così durante un conflitto a fuoco in Sardegna, poi sono stato trasferito a Cosenza, poi a Palermo". Parla di alcune figure di polizia con cui ha avuto a che fare alla Catturandi: "All'investigativa c'era Vittorio Vasquez, anche Vincenzo Speranza, un altro funzionario. Comandava Bruno Contrada (l'ex capo della Mobile che poi è diventato il numero 3 dei servizi segreti ed è stato condannato per mafia) e poi c'era quello che è morto". E quest'ultimo altri non è che Boris Giuliano, ucciso dalla mafia il 21 luglio del 1979.
Apriamo una parentesi:- Quando Gianni AIELLO parla del suo trascorso alla Squadra Mobile di Palermo e accenna a Vincenzo SPERANZA, si riferisce ovviamente all'ex Questore di Reggio Calabria. Infatti all'epoca in cui alla Mobile di Palermo comandava Bruno Contrada.
Avete mai visto quei film di spionaggio di servizi segreti etc etc, in cui si organizza la finta morte di un personaggio sia esso criminale od altro, per farlo completamente sparire agli occhi dell'opinione pubblica? Pensate un po' ad immaginare AIELLO che per decenni scorazza in lungo e largo per la Penisola. Che in Calabria ed in Sicilia ha contatti con i più pericolosi elementi della mafia e della ndrangheta e si muove in tutta tranquillità. Mai dico mai una volta che tema per la sua vita, mai una volta che sia assalito dal sospetto che i suoi capi o mandanti seppur pezzi da novanta dei servizi segreti deviati, decidano di farlo eliminare perché ormai è diventato un po' scomodo o magari fuori controllo e quindi pericolosissimo per i vertici deviati in quanto sa troppe cose e forse anche perché avrà commesso o potrebbe commettere errori irrimediabili! Immaginate questo. Per mettersi al sicuro da eventuali ritorsioni che gli potrebbero venire dall'interno, lui cosa avrebbe fatto? La risposta è semplice o almeno io avrei fatto così:- UN DOSSIER segreto e ben nascosto che saltasse fuori in caso di morte dovuta a cause non naturali. Un DOSSIER con nomi documenti rivelazioni talmente importanti da farlo considerare un "INTOCCABILE".
AIELLO aveva questo suo archivio personale oppure no? Strano eppure in certi ambienti è d'obbligo costruirlo giorno dopo giorno annotando fatti misfatti episodi vicende nomi volti. Anche il poliziotto Nino AGOSTINO a Palermo aveva delle annotazioni nascoste così come affermano le decide di trasmissioni che parlano del capoluogo siciliano della mafia e degli omicidi eccellenti e non! Ma lui AIELLO, di lui faccia da mostro e del suo DOSSIER o ARCHIVIO SEGRETO, nessuno ne ha mai parlato o accennato. NON ESISTEVA? Può essere anche se appare illogico. Forse custodiva tutto nella sua mente, nella sua testa, una specie di hard disk celebrale ove venivano celati tutti i segreti di cui era a conoscenza. Se così veramente fosse i segreti sono scomparsi con lui.

Guardate questa foto, mi piacerebbe tanto sapere il periodo e luogo in cui fu scattata. Da ex sbirro posso soltanto affermare senza ombra di dubbio che la lunghezza dei capelli l'abbigliamento fa capire che nel periodo in cui fu scattata AIELLO svolgesse servizio in borghese. AIELLO dal 1967 al 1968 trascorre la sua convalescenza ottenuta dopo la ferita al volto a Montauro.
Il 3 aprile 1973 viene assegnato al Raggruppamento Guardie di PS di Palermo e assegnato alla Squadra Mobile comandata da Bruno Contrada. Quindi inizia a svolgere attività di PG in abiti civili.
Mi chiedo: dal 1968 sino a tutto il 1972 e primi mesi del 1973 dove è stato che servizio ha svolto?
Precisiamo una cosa:- Dal 1964 anno del suo arruolamento sino al 1967 AIELLO è assegnato a reparti inquadrati, e parlo di Reparti Celeri e Mobili. La PS è militare quindi è impensabile che AIELLO vestendo la divisa presti servizio con i capelli di quella lunghezza. In Sardegna a Nuoro quando di fatto quando è ancora in forza al II Reparto Celere di Padova, avviene l'episodio del ferimento al volto che gli causa la cicatrice permanente. Quindi deduco che la suddetta foto che ritrae AIELLO in abbigliamento da poliziotto stile Serpico, sia stata scattata dopo il 1967 dopo il ferimento al volto. Ma io mi chiedo allora:- La sua cicatrice al volto dove sta?

Primo piano della foto intera.
Spero di essere stato chiaro con il mio ragionamento. Sarebbe stato molto ma molto interessante poter dare un'occhiata all'intero foglio matricolare di Giovanni AIELLO!
Da ex poliziotto che per anni ha svolto servizio in abiti borghesi posso affermare quanto segue:- L'abbigliamento delle forze di Polizia incaricati di svolgere servizi di PG in borghese e non parlo di infiltrati, fu largamente influenzato dal film Serpico interpretato da Al PACINO e uscito nelle sale cinematografiche a febbraio del 1974. Dopo quel film, nelle Forze di Polizia che svolgevano particolari servizi non in divisa, si delineò un comportamento teso ad imitare l'abbigliamento di Al PACINO appunto nel film Serpico, Barba lunga, aspetto trasandato cappellino di lana durante i periodi invernali etc etc. Insomma una specie di look, di moda largamente utilizzato negli anni a seguire da Tomas MILIAN nei suoi film quando interpretava il poliziotto "ER Monnezza". Precedentemente all'uscita del Film Serpico l'aspetto del poliziotto in abiti civili era ben lontano da quello adottato da AIELLO che si vede nella foto.
Alla fine per "faccia da mostro" improvvisa arriva la morte inaspettata e scatena un corri corri generale a stabilire subito che le cause del decesso sono del tutto naturali e che faccia da mostro non è stato volutamente eliminato E' importante dissipare subito ogni possibile dubbio sulla sua fine. Quindi tutto tace. Anche dopo più di 4 anni dal suo trapasso. E a scanso di equivoci stranamente la famiglia decide di cremarne il corpo. Ma erano le ultime volontà contenute in uno scritto, in un testamento dell'AIELLO oppure fu una decisione arbitraria presa all'improvviso dai familiari? Forse nei suoi discorsi con i congiunti in precedenza prima dello scadere della sua esistenza terrena, aveva più volte espresso il desiderio verbale di essere cremato dopo il trapasso. A detta del suo legale Eugenio BATTAGLIA, fu un suo preciso desiderio. Permettetemi di manifestare qualche dubbio! Io personalmente non ce lo vedo a dire: dopo morto voglio essere cremato. Non rientra nel suo stile, non rientra nella sua condizione di uomo d'azione e per come ha vissuto. Mi convinco di una cosa. A mio avviso questo individuo si credeva veramente un super agente segreto al servizio di chissà quali poteri occulti. Nel corso degli anni nonostante le atrocità che gli vengono attribuite non ha mai avuto un attimo di cedimento di ripensamento, nemmeno davanti alle domande dei giornalisti e nemmeno davanti ad un padre che in lacrime gli chiedeva conto della morte del proprio figlio…… E' STRANO molto strano.
Voglio precisare. Queste sono semplici deduzioni e ipotesi che mi vengono ispirate dal mio istinto di ex poliziotto che per anni ha svolto compiti di P.G. Sono domande che mi sono posto come semplice cittadino, come un semplice lettore di articoli e libri , ma con una marcia in più. La marcia di essere un ex poliziotto che conosce bene meccanismi ingranaggi in uso alle forze di Polizia. Insomma che conosce il "sistema".
Premessa. La mia conoscenza della realtà criminale siciliana ed in special modo palermitana passata, si basa solamente su quanto appreso dalle trasmissioni televisive dai servizi giornalistici e dai libri letti. Non conosco personalmente quella realtà, tanto meno durante i miei anni di servizio ho mai svolto attività investigativa in nessun luogo della Sicilia, per questo decido d'incontrami con un personaggio che chiameremo Salvo (nome di fantasia), un poliziotto siciliano che conosco da molti anni. Salvo non è più in servizio da tempo, ma io lo so persona affidabile seria riservata e per dirla in gergo siculo non è uno che spara minchiate. Conosce molto bene la realtà che si viveva all'interno della Polizia a Palermo negli anni 80 e soprattutto verso la fine. La conosce perché è uno che ha combattuto una guerra sul campo in prima fila e non certo stando seduto dietro una comoda scrivania. Insomma Ha visto ha vissuto toccato con mano e respirata l'aria di quegli anni cruenti. Per questo ancora prima d'incontralo so con certezza che se mi dirà qualcosa, sarà puro vangelo. (Un poliziotto di vecchio stampo che ha svolto sempre servizio operativo, anche a distanza di anni è sempre restio a parlare di fatti di vicende e di avvenimenti accaduti e di cui spesso ne è stato protagonista! Ciò fa parte di una delle regole che ci venivano insegnate durante i mesi di addestramento e che poi trovavano applicazione negli ambienti degli uffici in cui si svolgeva servizio, specie se si trattava di reparti operativi di Polizia Giudiziaria. Insomma a quei tempi le regole principali come forse ho già accennato erano:- parlare il meno possibile e soprattutto con i familiari moglie compresa. Rendersi invisibile mai apparire sui giornali e nella televisione mai farsi notare! Meno persone conoscevano la tua faccia e meglio era, sia per il servizio che si svolgeva e soprattutto per l'incolumità personale. Non come oggi che salvi il gattino della vecchietta che si è arrampicato sull'albero e non può più scendere, ed un attimo dopo sui social e sulle testate online appaiono foto degli Agenti sorridenti in divisa con in mezzo la vecchietta che amorevolmente tiene in braccio la bestiolina! Per carità non voglio offendere nessuno voglio semplicemente far capire che la riservatezza e tutto nel lavoro delle forze di Polizia e che quegli stessi Agenti che si sono fatti fotografare in divisa facendosi identificare dal mondo di internet come Poliziotti, un domani potrebbero andare a svolgere servizi più importanti e pericolosi in borghese. Ma a seguito di quella famosa foto la loro eventuale copertura sarebbe compromessa. Tanto ormai lo sappiamo, tutto ciò che va a finire in rete non si può cancellare Ma torniamo a Salvo. Erano anni che non ci incontravamo. Capelli imbiancati, baffi imbiancati e la classica pancia che caratterizza la maggior parte di noi poliziotti in pensione. Non mi da nemmeno il tempo di parlare che esclama:- ti posso assicurare che sulla morte di Falcone in primis tantissima gente ci ha speculato per fare carriera e per fare soldi. E tutt'oggi tanti continuano a farlo.
Premessa:- nella fasi precedenti in cui lo avevo contattato per invitarlo ad un incontro, non avevo accennato minimamente all'argomento e alle domande che volevo porgli. Da ciò capisco che caratterialmente non è cambiato, non ha perso il suo acume da vecchio sbirro e che, tutto quello che mi dirà sarà la verità.
Inizio con il porgli la prima domanda che mi preme fargli.
Io:- Come viveva un poliziotto a Palermo, negli anni della guerra di mafia, quando per le strade della città i morti si contavano a decine?
Salvo:- Mi guarda negli occhi, si accende una sigaretta ed inizia il suo racconto. A Palermo i poliziotti i carabinieri, non vivevano certo come a Reggio Calabria! Si anche in questa città c'erano state due guerre di mafia, ma la maggior parte delle vittime erano appartenenti ai diversi clan di ndrangheta, oppure civili innocenti, non erano sbirri, insomma si scannavano tra di loro. A Palermo invece uccidere un poliziotto o carabiniere non comportava alcuna difficoltà per i criminali mafiosi cioè non ci stavano a pensare molto. Se uno sbirro dava loro fastidio, detto fatto lo eliminavano. Devi considerare una cosa. Durante il maxi processo quasi tutti i caporioni della mafia palermitana erano in carcere e la situazione in città era diventata insostenibile. Furti, rapine scippi non si contavano più e Polizia e Carabinieri non riuscivano ad arginare questo fenomeno criminale dilagante . Infatti con i caporioni tutti dentro, i cani sciolti che orbitavano nel panorama malavitoso del capoluogo siciliano, si erano scatenati. Purtroppo è così, i capi cosca con la loro presenza sul territorio avevano sempre garantito un certo ordine che era venuto meno per cui i reati cosiddetti minori si erano triplicati. L'Ufficio scorte contava almeno mille uomini e l'Ufficio volanti circa 800. Devo ammettere in tutta sincerità che mai in nessun'altra Questura ho respirato l'aria di solidarietà che c'era tra i colleghi di Palermo. Nutrivamo un odio profondo verso i mafiosi e verso l'intero loro ambiente. Praticamente vivevamo in Questura ed il servizio si sviluppava in due turni, 08.00/14.00 e 14.00/20.00, ma in sostanza difficilmente si rispettavano questi orari. Quotidianamente i colleghi del turno 08/14 si prolungavano sino al tardo pomeriggio ed i colleghi del turno 14/20 sino a notte inoltrata e spesso sino alle prime ore del mattino successivo. Si viveva continuamente in emergenza anche se in definitiva ci pagavano mensilmente solo 60 ore di straordinario! Ma se ne facevano molte di più. Mi è capitato in passato, di vedere in televisione molti servizi su Palermo e sulla mafia di quegli anni, ma le inesattezze sono numerose. Hanno sempre parlato di talpe di poliziotti corrotti e collusi con la mafia. Invece era quasi tutta gente che credeva veramente in ciò che faceva, credeva nel suo lavoro e nel senso dello stato. Vivere a Palermo in quegli anni non era certo facile. I più fortunati erano gli scapoli perché dormivano in caserma, ma gli sposati sia quando rientravano a casa dopo il servizio, sia la mattina quando uscivano stavano tutti con gli occhi molto aperti e con il cuore in gola. La paura c'era e la si viveva giorno per giorno.
Io:- La cattura dei latitanti era priorità della Sezione Catturandi della S.M. oppure ogni singolo Ufficio o Commissariato di sua iniziativa poteva svolgere dei servizi mirati alla cattura di latitanti?
Salvo:- Per quanto ne so io, solo la Catturandi era addetta a questo genere di servizio. Per motivi di sicurezza erano una cosa a se, non davano conto a nessuno e operavano in completa autonomia, insomma dei veri esaltati ma nel senso buono della parola, che lavoravano 24 ore su 24.
Io:- Conoscevi gli agenti Nino AGOSTINO ed Emanuele PIAZZA? Come è possibile che pur essendo dei poliziotti in servizio, collaborassero con i Servizi Segreti svolgendo per proprio conto indagini mirate alla cattura di latitanti?
Salvo:- Non li ho mai conosciuti di persona, ne ho sentito parlare dopo la loro morte, ma non mi risulta che collaborassero con i Servizi Segreti. Mi sembra improbabile. A Palermo in quegli anni si c'era molta solidarietà tra colleghi, ci si copriva le spalle a vicenda ma le voci circolavano e si sapeva tutto di tutti. Non si è mai vociferato di poliziotti che oltre a percepire lo stipendio statale, svolgessero indagini per conto dei servizi segreti. Ciò avrebbe significato esporsi agli occhi dei colleghi. Tieni presente una cosa, si è sempre parlato di servizi segreti deviati presenti a Palermo! Ma deviati, non lo erano tanto.
( Gli faccio vedere tutte le foto di Giovanni Aiello e gli chiedo se nei suoi anni di servizio a Palermo, lo ha mai incrociato. Salvo mi risponde di no, una faccia come la sua se la sarebbe certo ricordata. Mentre risponde lo guardo fisso negli occhi e capisco che non mi sta mentendo. Lui Salvo poliziotto in prima linea nella Palermo degli anni in cui Giovanni AIELLO detto Gianni girava indisturbato per la citta frequentando ambienti mafiosi e ambienti delle forze di polizia, lui Salvo, non lo ha mai incontrato e nemmeno intravisto, anzi nemmeno sentito parlare. Faccia da mostro dove stava?
Salvo:- ricordo molto bene che vidi Falcone ai funerali del collega Natale MONDO e del Giudice LIVATINO.
Il resto del racconto si sviluppa poi su ricordi di servizio, sui colleghi vivi e defunti, e su quella che era la Polizia di ieri e quella di oggi.
Insomma pensavo che potesse fornirmi qualche particolare sconosciuto che confermasse l'appartenenza di Agostino e Piazza ai Servizi Segreti. Purtroppo così non è stato, anzi a suo dire lo ha escluso.
Di sicuro rimane un particolare. Falcone al funerale dell'Agente Agostino Antonio detto Nino, ci andò. Quali erano i legami che li univano, dove e quando si incontravano, l'Agente Agostino riferiva al Magistrato morto a Capaci dilaniato dall'esplosione?
Una verità che forse non verrà mai alla luce.
Emanuele PIAZZA e Nino AGOSTINO si appostavano controllano e scattavano foto in quartieri pericolosi dove abitavano i mafiosi. Purtroppo furono visti dalle donne dei mafiosi che li scambiarono per dei guardoni. Per dei guardoni, capite? Le donne dei mafiosi scambiarono i due poliziotti per dei guardoni e non ne fecero voce con i loro uomini di casa! Da noi in Calabria una cosa del genere non succederebbe mai. E come se un poliziotto si recasse che so ad Archi Cep un quartiere di Reggio Calabria tristemente divenuto famoso durante le due guerre di ndrangheta che insanguinarono la città reggina e che nessuno ci facesse caso. Oppure andare a San Luca o Africo Nuovo, fare appostamenti fare foto senza essere notato o quanto meno preso in considerazione. Pura fantasia. Nelle nostre zone uno o due poliziotti che si addentravano in certe zone di ndrangheta, dopo pochi minuti avrebbero avuto puntati addosso decine di sguardi, intenti a spiare tutte le loro mosse. e soprattutto i capi zona sarebbero stati allertati subito della presenza di questi due estranei. Figuriamoci quindi Vicolo Pipitone a Palermo! Luogo in cui notoriamente e secondo quanto riportato da organi d'informazione, era frequentatissimo da mafiosi criminali latitanti e soprattutto personaggi in vista degli apparati dello Stato. Ve lo immaginate CONTRADA che in tutta tranquillità si reca spessissimo a Vicolo Pipitone a senza prendere i dovuti accorgimenti per evitare di essere visto? Quindi secondo TANTI Contrada vi si recava in tutta tranquillità. Non mi sembra il modus operandi di uno del SISDE specie del suo livello. Tale comportamento trova solo una giustificazione e cioè che CONTRADA era talmente sicuro perché aveva le spalle coperte, ovvero si recava a questi suoi incontri solo perché vi era mandato da personaggi oscuri e potenti che stavano molto più in alto di lui. Gli stessi uomini potenti che gli hanno voltato le spalle una volta caduto nelle maglie della Giustizia e di cui lui si è guardato bene dal farne i nomi altrimenti una tazzina di caffè corretto non gliela avrebbe evitata nessuno. Ma in tutta questa storia è il comportamento di AIELLO Giovanni che non mi convince affatto. Costui in quegli anni si muoveva per Palermo, Catania per tutta la Sicilia intera e nessuno lo conosceva, nessun investigatore lo aveva mai notato.
Arriva a Reggio Calabria, incontra personaggi di spicco di ogni organizzazione criminale, SEMPRE CON LA SUA STESSA FACCIA. Cioè facilmente riconoscibile e difficile da dimenticare. Oserei dire che è come se cercasse di farsi pubblicità. Questo soggetto era un sanguinario secondo quanto è stato accertato dalle numerose indagini sul suo conto, ma anche un sanguinario imbecille direi io. Un comportamento il suo che non capisco. Sin dall'inizio della mia carriera, un vecchio Ispettore della D.I.G.O.S. di Roma mi aveva sempre ripetuto:- un buon poliziotto deve sempre cercare di passare inosservato e farsi notare il meno possibile. Ed è una regola che nel corso degli anni ho sempre applicato al massimo. Figuriamoci quindi un agente, un appartenente ai servizi segreti, un semplice collaboratore! L'anonimato, il non farsi riconoscere è la prima regola fondamentale. Se poi si fa parte di frange deviate e si ha caratteristiche somatiche come faccia da mostro, sarebbe stato indispensabile celare il volto, camuffarsi rendere il volto diverso etc etc. E invece no, AIELLO gira e rigira con il suo bel faccino in mostra, senza alcuna paura di dare nell'occhio. Ma chi lo proteggeva mi chiedo, chi gli copriva le spalle talmente tanto da farlo sentire al sicuro da ogni ritorsione o altro? Riconosciuto sul luogo dell'omicidio del piccolo Claudio DOMINO! Ha l'ardire di andare persino a casa di Vincenzo AGOSTINO per chiedere dove si trova il figlio e ci va tranquillamente a volto scoperto con la sua faccia da film horror. Mi chiedo anche ma a che frangia di servizi segreti deviati apparteneva AIELLO da avere la necessità di recarsi a casa AGOSTINO per avere notizie di Nino: AIELLO non aveva confidenti, amici collaboratori che gli potevano benissimo far sapere dove stava il poliziotto Nino AGOSTINO? Che necessità aveva di recarsi nell'abitazione del padre, farsi vedere in volto e chiedere notizie del figlio? I colleghi di Nino Agostino sapevano benissimo che in viaggio di nozze Nino era andato in Grecia, come dichiarò un poliziotto in divisa durante un intervista. Oppure AIELLO a casa AGOSTINO ci doveva andare perché ci doveva andare per forza e per forza farsi vedere in viso? Non so perché ma sia come lettore ma molto di più come ex investigatore, ho come la sensazione che la figura di faccia da mostro, il suo personaggio, sia stato costruito a tavolino. Per chissà quali scopi? Beh alcuni li sappiamo, altri possiamo solo immaginarli! Si ma c'è dell'altro?
Durante il periodo della mia attività presso la sezione antiterrorismo di sinistra della D.I.G.O.S. di Roma, mi capitò spesso di avere a che fare con gente dei servizi segreti e persino con quelli militari. Ebbene La prima cosa che notai fu la loro tendenza a non farsi notare a parlare il meno possibile e anche a camuffarsi. Del resto anche io stesso durante i miei anni di servizio ho sempre cercato di rendermi visibile il meno possibile.
Invece la nostra spia il nostro agente segreto deviato, viene avvistato in mezza Italia a colloquio con esponenti di spicco della criminalità, sempre con la sua stessa solita faccia. Varia ogni tanto la tinteggiatura dei capelli. Poi a lui si affianca Eva kant, la donna misteriosa, peccato che faccia da mostro non ha il fascino dell'uomo in calzamaglia nera. Mi chiedo ma in tutti questi anni in cui questo individuo girava nel Sud Italia, gli apparati investigativi e soprattutto gli agenti segreti non deviati, insomma quelli che procedevano sulla giusta linea del binario statale, che facevano? Dormivano? Possibile che AIELLO si assentava continuamente da Montauro piccolo centro del catanzarese a ridosso della costa jonica, senza dare spiegazioni senza far trapelare niente? Non so se a Montauro esiste una Stazione dei Carabinieri, ma a Gasperina poco distante sicuramente si. Dico possibile che al Comandante o a qualche altro Carabiniere nessuno abbia mai fischiato all'orecchio sussurrandogli:- guarda che c'è questo ex poliziotto ha un comportamento strano e scompare sempre per lunghi periodi. E invece niente, mai trapelata una notizia o una confidenza. Mi viene da pensare che AIELLO nella sua zona avesse una fitta schiera di fiancheggiatori che coprivano ogni suo movimento o assenza! Forse erano gli stessi, un centinaio circa di persone che al suo funerale hanno applaudito all'uscita della bara. Boh.
Ma lasciamo ancora Giovanni AIELLO Detto Gianni così come riporta il suo manifesto funebre datato erroneamente credo, 23 agosto 2015 quando in realtà è morto il 21 agosto 2017 e ritorniamo in Palermo dai due giovani poliziotti trucidati
E' chiaro che Nino AGOSTINO si rende conto ad un certo punto che si trova invischiato in un gioco molto più grande di lui e che non ha carte da giocare perché lui è un semplice Agente del commissariato San Lorenzo. Una fonte, un suo collega che lo ha conosciuto e lavorato con lui in qualche occasione , mi ha rivelato che di fatto Nino AGOSTINO Non capiva un tubo di elettronica, la sua passione era la pesca anche subacquea e che al lavoro solitamente si recava con una vespetta o una fiat uno turbo. Insomma era una persona mite e non sembrava avesse la tenacia la durezza di un agente operativo. Viceversa viene indicato con un ottimo agente dei servizi segreti avvezzo anche all'utilizzo di macchine fotografiche adatte a fotografare a distanza. Fine anni 80 ancora il digitale non era nell'uso della Polizia, nemmeno quella scientifica. Le macchine fotografiche erano a funzionamento manuale e se non si aveva un po' di pratica, le foto venivano sfocate. Nino evidentemente aveva capacità tecniche ed investigative tali da indurre i Servizi Segreti quelli giusti e non deviati, ad arruolarlo e fargli svolgere servizi così delicati e pericolosi.
Sinceramente io da ex Poliziotto rimango sgomento. Abbiamo un Agente Scelto di Polizia giovane e quindi con pochi anni di servizio, che svolge la sua attività che varia periodicamente in un Commissariato di P.S. In una zona calda di Palermo durante gli anni di una guerra di Mafia. Abbiamo un Dirigente dello stesso Commissariato (Dr. Saverio MONTALBANO) che non è a conoscenza che un suo dipendente lavora per i servizi Segreti e che in realtà si occupava della ricerca di latitanti del calibro di Riina e Provenzano! Ma VOGLIAMO SCHERZARE?
Poi c'è il povero Nino che seppur lavorando sotto copertura, ha l'ardire di confidare ad un collega all'Ispettore LA MONICA che in qualche modo aveva rapporti con i servizi segreti!
Non mi viene da CREDERCI. Certe cose se veritiere non si confidano a nessuno, nemmeno alla propria moglie o fidanzata.
Voglio Capire:- Per catturare Riina e Provenzano in seguito, è occorso un notevole spiegamento di uomini e mezzi tecnologici. Dei maccanismi investigativi moderni elaborati e sofisticati. Se effettivamente è vero che Nino AGOSTINO lavorava per i servizi segreti i quali miravano alla cattura dei due super latitanti, di che mezzi tecnici avevano fornito Nino ed anche Emanuele PIAZZA? Di due moto e una macchina fotografica? Oppure speravano che i due poliziotti attingessero notizie da fonti confidenziali (cosa impossibile nella Palermo di quei tempi dove si moriva per molto meno). Mi chiedo perché li hanno mandati allo sbaraglio, perché li hanno mandati incontro a morte certa?
Nino sicuramente sente il terreno bruciargli sotto i piedi, ha paura per la sua vita e per quella dei suoi cari. Sa che ne la divisa tanto meno la pistola d'ordinanza basteranno a salvarlo dai pericoli. (Questa è una sensazione che hanno provato centinaia di poliziotti, Carabinieri che svolgevano e svolgono servizi di P.G. Una sensazione sgradevole che ti blocca lo stomaco, si chiama PAURA). Anche io in passato l'ho provata diverse volte). Ma torniamo a Nino. E' talmente sotto pressione, tensione e nervosismo che questo suo stato d'animo lo lascia trapelare ai suoi familiari. E questo consentitemi è un errore dovuto alla sua giovane età di servizio. Mai lasciar intendere ai familiari che si hanno dei problemi del genere. Non potranno mai esserti di aiuto anzi al contrario. Ma Nino si deve sposare. Porta Ida CASTELLUCCIO all'altare.
Dopo parte per il viaggio di nozze. All'aeroporto di Catania Nino si accorge di essere seguito, (pag. 176). In seguito la madre di Nino dirà che quel giorno il figlio aveva riconosciuto il misterioso inseguitore! Era Gaetano SCOTTO il grande amico di faccia da mostro, al secolo Giovanni detto Gianni AIELLO di Montauro in Provincia di Catanzaro.
La domanda sorge spontanea: Ma se Gaetano SCOTTO grande amico del nostro faccia da mostro si accerta che Nino AGOSTINO sta partendo in viaggio di nozze, che motivo aveva AIELLO durante l'assenza del poliziotto a recarsi a casa del vecchio Vincenzo AGOSTINO e chiedere dove si trovasse il figlio?
Una settimana dopo gli sposi sono in viaggio di nozze (Nino AGOSTINO e la moglie Ida CASTELLUCCIO). Vincenzo AGOSTINO è a casa sua sta facendo dei piccoli lavoretti . Una giornata come tante insomma. Fino a che non riceve la visita che gli cambia la vita. Arriva uno sconosciuto, apre il cancello come se fosse lui il padrone non saluta non si presenta. Va dritto da Vincenzo e gli chiede dov'è suo figlio. Lui )Vincenzo) che ha due figli maschi gli chiede a chi si riferisce. Il poliziotto risponde quello. Ma Nino non c'è perché è in Grecia. L'incontro finisce bruscamente. Lo sconosciuto raggiunge il compare sulla moto. Vincenzo fa appena in tempo a riprendersi dallo shock di quell'apparizione e a correre dietro ai misteriosi visitatori. Gli chiede chi sono. Quello sulla motocicletta fa all'altro:- digli che siamo colleghi. Ed è il suo volto che si marchia a fuoco nella mente del padre dell'Agente AGOSTINO Nino. Lo descriverà così ai giornalisti. Era brutto aveva la faccia come se avesse il vaiolo un naso lungo un barbarozzo come un cavallo, biondastro con gli occhi un po'……. Io l'ho definito faccia da mostro. E così nasce questo soprannome
Non è molto chiaro se AIELLO fosse quello che esclama:- digli che siamo colleghi, oppure colui che entra in casa a chiedere di Nino. Non ha importanza o forse anche questo particolare ha una sua rilevanza. Ha importanza invece porsi delle domande come lettore. Gaetano SCOTTO il mafioso che ha seguito Nino AGOSTINO sino all'aeroporto di Catania in procinto di partire per il viaggio di nozze non ha riferito nulla al compagno di omicidi AIELLO Giovanni detto Gianni? Ripeto che necessità aveva faccia da mostro di recarsi a casa di AGOSTINO padre e farsi vedere in volto? Strano anche perché esistevano già gli occhiali grandi e scuri da sole ed esistevano già i caschi integrali, Però AIELLO si fa vedere talmente bene in volto da dare la possibilità al vecchio AGOSTINO, di tracciarne una descrizione molto ben chiara. Una domanda? Ma L'altro individuo com'era? Fisicamente intendo dire.
Ecco queste sono curiosità da ex sbirro e sempre più mi documento sul bel faccino e più mi convinco che il suo personaggio faccia da mostro è stato costruito a tavolino.
Sull'omicidio di Nino AGOSTINO e della moglie molte volte ho letto articoli e visto interviste e trasmissioni. In mente mi sono ritornate le immagini viste in televisione. Mi sono chiesto, aveva senso uccidere anche la moglie? Non so trovare una risposta. D'altronde una risposta non l'hanno mai trovata le grandi ed eccelse menti investigative figuriamoci se posso trovarla io. E mi vengono in mente altri uomini delle istituzioni uccisi insieme alle loro mogli. Carlo Alberto Dalla Chiesa, Salvatore Aversa e mi fermo.
Nino e la moglie muoiono in maniera tragica, uccisi dal fuoco mafioso e non solo qualcuno sospetta! E il grande investigatore della Squadra mobile di Palermo Arnaldo LA BARBERA cosa fa? Fa concentrare le indagini subito sulla pista passionale.
Capite bene? PISTA PASSIONALE! Dico siamo ammattiti?
Ma di fatto, AGOSTINO e PIAZZA collaboravano veramente con i servizi segreti quelli buoni a Palermo? I loro diretti superiori erano a conoscenza di questa loro attività oppure operavano autonomamente riferendo solamente ai vertici dei servizi segreti giusti o alla A.G.? Oppure spinti dalla voglia di guadagnare dato il prezziario che circolava a Palermo circa la cattura dei latitanti, di loro sola iniziativa decisero d'intraprendere questa attività di controllo? Se di fatto AGOSTINO e PIAZZA furono veramente reclutati dai servizi segreti giusti, con quali criteri furono effettuati questi reclutamenti cosa avrebbe comportato la loro collaborazione, cosa avevano promesso loro? Sia AGOSTINO che PIAZZA erano giovani di servizio e non so che esperienza potessero avere in materia di attività di Polizia Giudiziaria e parlo di investigazioni pedinamenti appostamenti e conoscenza del territorio! Ma soprattutto di che mezzi li avevano dotati? Solo di qualche vespetta o moto e qualche macchina fotografica? Ecco questo è un aspetto della loro vita lavorativa di cui non si è mai parlato.
Funzionava così. Al giorno d'oggi non saprei dirvi,
Un agente giovane che ha la passione per il servizio operativo, solitamente viene spinto ad intraprendere lavoro in determinati reparti operativi quali squadra Mobile D.I.G.O.S. o qualsiasi altra squadra di PG principalmente dalla possibilità di guadagni extra ricavati dalle ore di lavoro straordinario. Anche dal miraggio di ottenere premi in denaro, lodi, encomi, encomi solenni e persino avanzamenti nella qualifica per merito straordinario. Tutti riconoscimenti che il Ministero concede quale premio per operazioni di Polizia giudiziaria andati a buon fine. Tali operazioni variano di volta in volta. Possono essere sventata rapina cattura rapinatori scippatori etc etc. Ma particolare rilievo si da alla cattura latitanti specie se sono di spicco in quel caso il premio solitamente parte da encomio solenne e può sfociare in promozione.
Giovanni Pantaleone AIELLO detto Gianni, ma passato alla storia come "faccia da mostro". Un uomo con i nervi d'acciaio oppure un pagliaccio trovatosi coinvolto in un ingranaggio pazzesco?
Una fredda mattina di metà febbraio del 2022 incontro il collega anche lui in pensione Franchino IANNI'. Mi dice che fu sentito dagli inquirenti in data 13 giugno 2017 i quali gli chiesero informazioni su Guido Paolilli. Franchino Iannì non è mai stato avvicinato da nessun giornalista.
Franchino non ha mai conosciuto Giovanni AIELLO detto faccia da mostro. Sa chi è per averne sentito parlare in televisione. Ma nei suoi anni di servizio a Palermo, non lo ha mai visto ne parlato e nemmeno incontrato.
Dal racconto di Franchino Iannì esce fuori una figura totalmente diversa del Paolilli Guido (amico e collega di Nino AGOSTINO e anche suo superiore) di cui si è appreso molto attraverso trasmissioni ed interviste!
Io ho conosciuto molto bene Guido PAOLILLI dice Franchino! Lui è stato il mio mentore, un poliziotto veramente di spessore…. Sono stato anche a casa del padre di Agostino . Sono stato insieme a Paolilli, invitati da lui (Vincenzo Agostino), dopo che gli è morto il figlio. Ci andai con mia moglie mio figlio, un accoglienza che non ti dico. La vicenda è stata strumentalizzata. A me mi hanno convocato a Palermo solo perché lui (Paolilli) era intercettato. Io ero ormai in servizio a Reggio e per telefono gli chiesi:- Guido si può sapere che cazzo è successo, come mai ti hanno messo in mezzo. Paolilli gli rispose:- Franco, lascia stare hanno montato una cosa…. Franchino continua:- Conosco Paolilli dal 1974 ad oggi. Io ero già in servizio a Reggio Calabria, ma con il collega e amico Guido, ci sentivamo spesso telefonicamente. Sò con certezza che lui (Paolilli e Agostino Antonio erano molto amici, come anche che Guido con questo Aiello non andavano d'accordo. (Evidentemente durante le loro chiacchierate telefoniche dopo che venne fuori il nome di faccia da mostro costui divenne argomento di conversazione, così come avviene solitamente tra poliziotti)
Quando Agostino Antonio iniziò a lavorare con Paolilli io ero già a Reggio Calabria. Quando stavo con lui a Palermo, prima eravamo al nucleo volanti e non passava giorno che non facessimo uno o due arresti. Quindi Paolilli fu preso a ben volere da Bruno Contrada perché Contrada era il Dirigente. (E' chiaro che un Funzionario o Dirigente di un Ufficio tendono solitamente a tenersi buoni e benvolere quei poliziotti che portano risultati e che si dimostrano ottimi investigatori e conoscitori del territorio).
Contrada e Giuliano erano molto amici. Io dopo la morte di Giuliano se non ricordo male ero già a Reggio quindi non so come si sono rotti gli equilibri e del perché Contrada avesse cambiato linea ed atteggiamento! Contrada era uno tosto.
Franchino Continua:- Paolilli era un gran Poliziotto, onesto e perbene, mai e poi mai avrebbe venduto un collega.
Franchino Iannì si lascia andare ad uno sfogo personale riguardo un episodio che precedette la sua convocazione a Palermo per essere sentito dai Magistrati. Ricorda che quel giorno (la data precisa non gli viene in mente) non era a casa, quando fu raggiunto da una telefonata della moglie la quale lo avvisava che a casa c'erano alcuni Carabinieri insieme a personale della DIA e che volevano parlare con lui. Franchino si fece passare al cellulare uno dei presenti e gli disse che nell'immediatezza era impossibilitato a fare rientro a casa e che se gli dovevano notificare qualcosa, potevano farlo benissimo alla moglie. Gli viene risposto che non era possibile e che dovevano parlare assolutamente con lui. La conversazione terminò con l'accordo che il giorno successivo Iannì si sarebbe recato presso gli Uffici della DIA di Reggio Calabria. E così avvenne. Una volta alla DIA gli viene notificata una convocazione a Palermo per essere sentito dai Magistrati. Franchino ricorda che quel giorno all'interno dell'ufficio della DIA perse un po' le staffe e fece le sue rimostranze asserendo che la notifica la si poteva fare tranquillamente alla sua consorte e che non era necessario presentarsi in casa sua insieme a dei Carabinieri in divisa come se ci si recasse a casa di un comune delinquente. Franchino ricorda ancora che tra gli operatori della DIA presenti quel giorno era presente più di un collega che fece finta di non conoscerlo! Ma lui, Franchino IANNI, in passato alla DIA di Reggio Calabria, ci aveva prestato anche servizio.
(Purtroppo quanto sopra raccontato da Iannì, rispecchia la realtà di un atteggiamento non nuovo negli ambienti delle forze di Polizia in special modo in quelli investigativi. Quando un collega viene interessato da situazioni seppur banali come nel suo caso e cioè una semplice convocazione in Procura per essere sentito in merito ad un qualcosa oggetto d'indagine, allora viene guardato già con sospetto dai colleghi e come nel caso di Franchino, dagli ex colleghi. Purtroppo quello che frega è la troppa immaginazione. Provate a pensare:- Alla DIA di Reggio Calabria arriva da Palermo una notifica di convocazione a nome di Franchino Valentino Iannì, poliziotto in pensione. Dovrà essere sentito in merito all'omicidio del Poliziotto Agostino Antonino. Già la fantasia inizia a galoppare nella mente bacata di qualche investigatore o presunto tale. Io personalmente lo avrei raggiunto telefonicamente invitandolo in Ufficio. Invece no, gli Investigatori della DIA ( e stiamo parlando della punta di forza del sistema investigativo italiano), non essendo in grado di reperire il suo numero di cellulare e non essendo in grado di trovare nemmeno il suo indirizzo di casa, avvertono la profonda necessità di rivolgersi ai Carabinieri, i quali evidentemente hanno una conoscenza del territorio e delle persone ben più ampia e precisa dalla DIA di Reggio Calabria. E appunto perché siamo a Reggio Calabria, ma forse credo sia lo stesso in qualsiasi altra parte d'Italia, vedersi arrivare in casa all'improvviso dei Carabinieri in divisa seguiti da personale in abiti borghesi, provochi un senso di timore ed un tutto al cuore specie se in quel momento dentro l'abitazione il diretto interessato non c'è ma c'è invece la moglie sola. Per non parlare poi delle malelingue del vicinato le quali non mancano mai in nessun posto e che iniziano subito a spettegolare e a sparlare. Sai a casa di Ianni sono andati i Carabinieri e c'erano anche in borghese. Chissà che è successo, chissà cosa ha fatto……!
Comunque Franchino Iannì per andare a Palermo, parte di sera per essere l'indomani mattina nel capoluogo siciliano. Ci va a spese sue. Lascia la macchina a Villa San Giovanni traghetta a piedi e dalla stazione FS di Messina prende il treno. In Procura a Palermo gli fanno fare due anticamere la prima un po' lunga poi gli viene chiesto di lasciare il suo cellulare in una cassetta di sicurezza, la cui chiave ovviamente la tiene lui (Tutte le cassette di sicurezza sono dotate di una seconda chiave in possesso dei vertici del luogo in cui si trovano. Comunque dopo una seconda anticamera questa volta più breve e dopo che palesemente Franchino perde la pazienza, viene finalmente ricevuto e ascoltato. Presenti due Magistrati ed un ispettore di Polizia. Ianni inizia a raccontare che in effetti Guido Paolilli era amico suo, per molto tempo avevano lavorato insieme all'Ufficio Volanti della Questura di Palermo. Lo definisce il suo mentore ed un gran poliziotto. Insomma traccia un profilo del collega che non va proprio a genio ai Magistrati che lo stanno verbalizzando. Paolilli era un battitore libero anche se di fatto alla loro volante era assegnata la zona Massimo Volante 7. Del resto Il contributo che Franchino può fornire alle indagini è relativo, perché il suo rapporto di lavoro con Paolilli si interruppe a seguito del suo (di Iannì) trasferimento a Reggio Calabria e i loro contatti rimasero solo telefonici. E così mentre Franchino Valentino Iannì veniva ascoltato dagli Inquirenti, per tutto quel tempo il suo cellulare rimase solo soletto in quella oscura piccola cassetta di sicurezza.
(Mi chiedo se nel 2017 il Trojan era già conosciuto ed utilizzato negli ambienti investigativi! In Ogni caso Franchino aveva risposto con franchezza affermando e dichiarando la verità. E, dopo l'interrogatorio con la coscienza pulita se ne ritornò a Reggio Calabria dimenticandosi e considerando persi gli "EURO" spesi per il viaggio e per il pranzo e che mai gli furono rimborsati! D'altronde la pensione di un ex poliziotto è molto ricca così come pure lo stipendio di un poliziotto di una volta e anche di oggi. Dopo questo sfogo Franchino aggiunge qualcosa alla sua conoscenza di Paolilli. Guido era un poliziotto con uno spiccato senso del dovere ed eseguiva alla lettera gli ordini dei superiori e molto spesso in buona fede. Insomma un poliziotto di vecchio stampo. E' chiaro che chi lavora spesso commette errori di vario genere, ma mai con volontà di commetterli. Conclude Franchino dicendo che conosce Paolilli come un fratello il quale non possiede diplomazia oppure una sua dialettica nel dire le cose, insomma quello che ha da dire lo dice candidamente senza pensarci, specie quando perde le staffe e questo è sinonimo di sincerità. Come quando intervistato da un giornalista di una trasmissione televisiva dichiarò che Falcone era un esibizionista. (Tuoni e fulmini su di lui)! Aveva osato intaccare l'immagine dell'uomo simbolo della lotta alla mafia, il martire immolato per il trionfo della giustizia. Per carità niente di tutto questo, Guido voleva semplicemente dire che Falcone era un uomo con i suoi vizi i suoi pregi ed i suoi difetti, senza nulla togliere ai suoi grandi meriti. Tutto quanto è stato detto su Paolilli è stato strumentalizzato. Gli eventuali suoi coinvolgimenti sono del tutto involontari e dovuti semplicemente al suo attaccamento al dovere. Gli ordini erano ordini e andavano eseguiti.
Al comune lettore l'affermazione che gli ordini vanno eseguiti apparirà senza dubbio strana ed illogica! Ma chi non ha mai vestito una divisa, chi non è mai stato un militare o soggetto a regolamento e ordinamento militare non può comprendere i meccanismi ed ingranaggi che compongono il complesso mondo istituzionale delle Forze di polizia ed in particolar modo quello della Polizia Giudiziaria.
Proverò a fare un breve esempio raccontando un aneddoto che mi riguarda e che mi capitò durante i miei anni di servizio. Durante un indagine volta alla cattura di un pericoloso latitante di ndrangheta facente capo ad una importante cosca del Reggino e ricercato da tanti anni, attenzionammo un soggetto che noi ritenevamo a lui vicino, insomma che favoriva la sua latitanza. Oltre al cellulare sotto controllo, ritenemmo utile e opportuno piazzare nell'autovettura da lui utilizzata Un gps ed una microspia per registrare i suoi spostamenti e le sue eventuali conversazioni. Purtroppo l'operazione sin da subito si rivelò alquanto difficile se non impossibile. Il soggetto in questione quando utilizzava la macchina non la lasciava mai sola se non per pochi minuti, oppure la parcheggiava bene in vista da dove potesse tenerla sotto controllo. Nelle ore notturne la chiudeva in un garage con la saracinesca elettrica e dotata di allarme. Insomma ci era proprio impossibile fargli installare i congegni. Gli rimanemmo attaccati per più di un mese, seguendolo nei suoi spostamenti imparando le sue abitudini senza giungere a niente di concreto che potesse aiutarci. Intanto le indagini restavano ferme senza andare avanti. Una mattina ero appena arrivato in Ufficio e messo piede nella mia stanza, quando sentii sbraitare il mio Dirigente:- Ninooo, vieni nella mia stanza. Con molta calma riposi la mia pistola d'ordinanza nel cassetto, lo chiusi a chiave e mi avviai verso la stanza del capo. Appena fui seduto il capo esordì:- Ah Nino, insomma la vogliamo mette sta microspia a …Omissis…. oppure no!
Dottore gli risposi, sopra di me ci sono due Ispettori che comandano la sezione chiedete a loro. No io lo dico a te sei te che te interessi de questa indagine trova er modo de poter piazzare il gps e la microspia dentro a machina de…..Omissis….. perché siamo fermi e non stiamo concludendo niente. Usa tutti i sistemi che voi ma glie devi sabotà a machina fai quello che vuoi ma ce devi riuscì.
" glie devi sabotà a machina". Intendeva dire che dovevo mettergli fuori uso la macchina fare in modo che non la possa spostare in maniera tale che così facendo non la chiuda nel garage e si possa intervenire nottetempo per l'installaggio ! Tenete bene a mente queste parole. In sostanza il Capo mi diede un ordine palesemente illegittimo. E qui entra in gioco il famoso meccanismo che porta avanti il famoso mondo della P.G. Si rimane presi in un ingranaggio da cui è molto difficile uscirne perché si rimane impigliati a tal punto che in determinati momenti durante lo svolgimento del particolare servizio anche un ordine illegittimo e punibile dal CP all'Operatore di Polizia, appare del tutto normale. Insomma procedere sul filo del rasoio tra la legalità e l'illegalità, pur di raggiungere lo scopo, in questo caso, la cattura del latitante. Il fine giustifica i mezzi, etc etc etc. Il Capo mi congedò senza aggiungere altro. Una volta rientrato nella mia stanza, I colleghi ed i due ispettori in primis, mi chiesero cosa mi aveva detto il capo di così importante. Semplicemente risposi loro:- Mi ha chiesto di mettere fuori uso la macchina di ….Omissis….. approfittando di un momento che la lascia fuori e lontano da casa in maniera tale che la notte possiamo andare a mettergli la microspia ed il GPS. A queste parole, dei presenti nessuno battè ciglio o aggiunse parola compresi i due Ispettori. Come scritto sopra, il fine giustifica i mezzi ed il fine era rappresentato dal latitante super ricercato. La complicazione adesso consisteva nel come fare, facendolo apparire come un banale e casuale incidente. Ma a volte per le situazioni difficili la soluzione la si trova nei modi più semplici. Mi procurai una lunga e grossa vite tutta arrugginita di 10 cm. E altre 4/5 dello stesso diametro ma di due cm. E me le portai sempre addosso. Adesso c'era solo da sperare che la buona sorte ci sorridesse, insomma la classica botta di culo che può aiutare anche un'indagine di Polizia. E la botta dopo alcuni giorni finalmente arrivò un pomeriggio di sabato. Gli eravamo stai attaccati sin dal mattino alternando macchine e uomini. L'unico a non alternarsi fui io che dovevo essere l'esecutore materiale del sabotaggio. Fortuna volle che intorno alle ore 19.30 il soggetto attenzionato evidentemente sentendosi sicuro data l'ora ed il giorno e senza sapere che chi svolge indagini di PG non conosce giorno non conosce notte e non ha orari, lasciò la macchina in una discesa a qualche km da casa sua. In casi del genere si agisce rapidamente, uomini di vedetta a distanza per avvisare del ritorno de soggetto e via con l'operazione di sabotaggio. Obbiettivo le due ruote davanti. Con la vite arrugginita di dieci cm pratichi un foro nella parte bassa del pneumatico ne punto dove poggia sull'asfalto. Estrai la vita e nello stesso buco vi infili la vite anch'essa arrugginita di due cm. Stessa operazione la fai con l'altro pneumatico avendo l'accortezza però prima di allontanarti di spargere per terra davanti alla macchina altre due o tre viti arrugginite da 2 cm. Po ci si allontana velocemente. Sabotaggio cronometrato, 20 secondi. Da debita e sicura distanza si assiste circa dieci minuti dopo al ritorno del soggetto. In questo lasso di tempo i due pneumatici si sono sgonfiati . Il soggetto sale in auto mette in moto fa qualche metro ma si accorge che c'è qualcosa che non va. Scende dalla macchina e constata le due gomme a terra. Si piega per osservare meglio, poi risale in auto ingrana la retromarcia torna nella posizione iniziale e riscende. Questa volta la sua ispezione alle gomme dura più del previsto. Con il binocolo vedo alzarsi da terra e osservare qualcosa di piccolo che tiene in mano, molto presumibilmente qualcuna delle viti sparse per terra se non addirittura qualcuna delle due estratte dalle gomme. Ora non rimane che sperare che la beva, che creda alla foratura casuale e che non prenda eventuali contromisure. Si fa rientro in Ufficio strada facendo tramite cellulare si avvisa il Dirigente si avvisano i due Ispettori si avvisano gli altri colleghi avvertendoli che in nottata si opera e soprattutto si avvisano gli specialisti dell'installazione. Insomma la notizia si sparge subito in tutto l'ufficio e come una freccia dall'alto schiocca vola veloce di bocca in bocca recitava una canzone di De Andrè… Nino FRANCO ha sabotato la macchina di ….Omissis…… All'epoca per l'installazione di gps, microspie in autovetture e microspie ambientali in casa, ci si serviva di ditte private che solitamente avevano sede al nord. Ma siccome Reggio Calabria era diventata terreno molto fertile per questo genere di attività tecniche, ogni ditta aveva pensato bene di aprire una sede in città in modo tale da garantire la tempestività dell'intervento, come appunto nel caso di cui sto scrivendo. Come si dice, la fortuna aiuta gli audaci. Quella notte con il favore delle tenebre, riuscimmo nell'intento. Finalmente avevamo fatto un passo avanti nell'indagine della cattura del pericolosissimo latitante. E il settimo giorno (domenica) o almeno in parte la squadra si riposò. Lunedì mattina nuovamente al lavoro. Seduto alla scrivania vedo arrivare il Capo. Mi guarda e mi fa segno di seguirlo nella sua stanza. Appena entro chiude la porta. Nemmeno il tempo di sedermi che inizia a sbraitare agitando le mani. :- ti rendi conto che hai fatto, gli hai sabotato a machina, e se …Omissis… fosse arrivato in quel momento, avresti mandato a puttane il servizio e l'intera indagine! Risposi:- Dottore, ma se lei mi ha detto di…. Il Capo:- che ti ho detto io, io ti ho detto che bisognava mettere ad ogni costo a microspia nella machina.
E qui si verifica il primo diniego da parte del Dirigente. Voglio ricordare quello che mi disse in merito.
Ah Nino, insomma la vogliamo mette sta microspia a …Omissis…. oppure no!
Dottore gli risposi, sopra di me ci sono due Ispettori che comandano la sezione chiedete a loro. No io lo dico a te sei te che te interessi de questa indagine trova er modo de poter piazzare il gps e la microspia dentro a machina de…..Omissis….. perché siamo fermi e non stiamo concludendo niente. Usa tutti i sistemi che voi ma glie devi sabotà a machina fai quello che vuoi ma ce devi riuscì.
" glie devi sabotà a machina".
Ecco per l'appunto, mi diede un ordine ben preciso seppur illegittimo.
" glie devi sabotà a machina".
Gli dovevo sabotare la macchina mi disse! E così io feci.
Ma per poter comprendere questa inversione di rotta da parte del Dirigente, questo suo ripensamento e questa sua ostinazione volontaria a voler negare in tutti i modi l'ordine che mi aveva impartito in merito al sabotaggio dell'autovettura, bisogna fare un passo indietro e tornare alla sera di sabato dopo che in Ufficio si era sparsa la voce che il mezzo attenzionato era stato messo fuori uso. Naturalmente questo particolare io lo venni a sapere tempo dopo e dopo aver sguinzagliato e messo sotto torchio le mie fonti all'interno della Sezione. Si perché dovete sapere che per essere un buon investigatore oltre alle fonti esterne ed estranee alla Polizia, i cosiddetti civili pregiudicati e non, un buon poliziotto deve prima sapersi coltivare i confidenti all'interno del proprio Ufficio e cioè tra gli stessi colleghi. Questa era la realtà di quei tempi. Non so oggi, ma credo proprio che non sia cambiata di molto. Salviamo la faccia, salviamo l'apparenza tutto deve apparire lindo pulito e candido! Ma non era così non è così. Purtroppo la razza umana prova invidia prova gelosia prova risentimento e nessun ambiente ne è immune, manco la Polizia e nemmeno la Magistratura. D'altronde gli avvenimenti di questi ultimi anni ne danno ampiamente dimostrazione. Provare gelosia invidia, è del tutto normale ormai. Sono sentimenti comuni a tutti. Ma torniamo a quella sera di sabato. I due Ispettori indispettiti che un semplice Assistente Capo nemmeno U.P.G. (Ufficiale di Polizia Giudiziaria), cioè io Nino FRANCO ero riuscito nell'intento, dove altri loro compresi avevano fallito seppur cercando di utilizzare altri metodi, si chiusero nella stanza con il Capo e dentro quelle quattro mura smossi credo dal tarlo di non so che, infuocarono la posta asserendo che con il mio atto avevo messo a repentaglio l'intera operazione, senza contare il particolare dello sconfinamento nel Codice penale. Insomma seppur a conoscenza sia loro che lo stesso Capo che il sabotaggio doveva essere compiuto, condizionarono la condizionabile mente del Capo convincendolo che doveva prendere provvedimenti nei miei confronti.
Il lunedì mattina quindi sorvolò sfacciatamente sul particolare che era stato lui stesso ad ordinare il sabotaggio e mi congedò con un ciglio appigliato esclamando che mi avrebbe fatto sapere la sua decisione.
Io in passato avevo avuto altre divergenze e discussioni con il Capo, e sempre per motivi di servizio in quanto non era nuovo a inversioni di rotta, nel senso che prima diceva una cosa per poi cambiarla in seguito specie quando ne discuteva con altro personale della Sezione, per dirla in dialetto reggino:- a chi era di peri a chi era da testa. Solitamente quando accadeva, io mi presentavo nella sua stanza, chiudevo la porta senza chiedergli permesso, estraevo l'arma d'ordinanza che solitamente ero solito portare alla cintola senza fondina e l'appoggiavo sulla sua scrivania adducendo la scusa che mi dava fastidio al fianco quindi mi sedevo e poi esclamavo:- eccomi qua Dottore ditemi tutto. Solitamente si ritornava a più miti consigli e a chiarimenti. Ma quella mattina non fu così! Ritenni opportuno troncare la discussione e non insistere sulle mie ragioni. Ma da quel momento dovevo stare attento, perché mi sarebbe arrivato un calcio in culo se non di peggio. Ma le notizie corrono sempre veloci. Alcuni giorni dopo il Questore decise di fare una visita alla Squadra Mobile per conoscere le attività d'indagine in atto. Fu così che ci ritrovammo nella sala intercettazioni. Il Dirigente gli Ispettori e tutto il personale della Sezione. Il Capo iniziò ad illustragli le varie attività sino a quando non giunse nella postazione relativa all'autovettura oggetto di sabotaggio da parte mia. A distanza di anni, ricordo ancora ciò che esclamò. Questa è un'autovettura a cui è stato installato un GPS ed una microspia all'interno. La utilizza…..Omissis…. Che noi riteniamo favorisca il noto latitante…..Omissis… E' stato molto difficile e purtroppo il qui presente Assistente ( cioè io) ha usato dei metodi che non poteva usare.
A sentire quelle parole pensai:- ecco che arriva il calcio in culo e istintivamente come per proteggermi appoggiai il didietro alla parete.
In che senso chiese il Questore! Il Capo senza farsi pregare illustrò senza risparmiare i dettagli tutte le fasi del sabotaggio tralasciando naturalmente il particolare importante per me, che quell'ordine era stato lui stesso ad impartirmelo. La fine del breve racconto del Capo dove si metteva in evidenza un preciso seppur lieve reato penale, seguì un breve silenzio. Tutti aspettavano la reazione del Questore, la sua ira, la sua disapprovazione. Inaspettata, la parola BRAVO esclamata ad alta voce risuonò per tutta la sala intercettazioni. Bravo, anzi bravissimo, disse il Questore così si fa quando si svolge un indagine, complimenti, è importante raggiungere lo scopo anche se spesso si deve usare qualche mezzo poco ortodosso, ma è necessario.
La visita fini li. Ed è inutile aggiungere quello che ne seguì perché in fondo è un'altra storia.
Ho voluto raccontare questo episodio della mia vita lavorativa per far comprendere maggiormente l'espressione con cui conclusi il mio interessante colloquio con Franchino Valentino Iannì e riguardante Guido Paolilli Poliziotto amico di Agostino Antonino anche lui poliziotto ma ucciso dalla mafia e che vedeva coinvolto il defunto Giovanni Aiello detto faccia da mostro.
Tutto quanto è stato detto su Paolilli è stato strumentalizzato. Gli eventuali suoi coinvolgimenti sono del tutto involontari e dovuti semplicemente al suo attaccamento al dovere. Gli ordini erano ordini e andavano eseguiti.
Gli ordini vanno eseguiti anche se in seguito chi ti da quegli ordini, nega di averlo fatto. Penso che anche il Poliziotto Paolilli abbia fatto allo stesso modo, abbia eseguito degli ordini che spesso apparivano non chiari, forse ambigui, ma non si crede mai che il Superiore che te li impartisce lo faccia per secondi fini magari propri ed oscuri. Ma nel momento che li ricevi non lo pensi.
Ricordo una frase di Franchino Iannì. Mi disse: una persona che si arruola in Polizia lo fa perché sente che in un certo senso crede in quello che fa. Può fare delle deviazioni durante il suo percorso di vita ma in fondo rimane pur sempre un Poliziotto anche dopo congedato. . Non ce lo vedo uno come Aiello, fare il killer della Mafia e uccidere a sangue freddo un bambino! A meno che, in un individuo non si compia una completa metamorfosi.
Me lo chiedo anche io, faccia da mostro subì questa metamorfosi" Forse dovuta alla ferita al volto e che magari gli intaccò anche le funzioni celebrali?
Vedremo più avanti ciò che salterà fuori.
Salendo verso il Comune di MONTAURO situato a pochi chilometri dalla costa catanzarese nella zona di Soverato si ha la possibilità di ammirare uno spettacolo mozzafiato. Il Paese, da Montepaone Lido dista solo 7,4 km e si trova ad un altezza sul livello del mare di circa 400 metri. Ma la strada è tutta in salita e piena di curve. Arrivo nel centro abitato nel primo pomeriggio e dopo aver in precedenza consumato un panino, sento adesso la necessità di un bel caffè. Parcheggio in piazza e scendo dalla macchina. Mi guardo intorno ma non vedo alcuna insegna. Chiedo ad un giovane il quale affabilmente mi risponde che sta andando giusto al bar e di seguirlo. Entriamo in un locale ben curato accogliente e curato nei particolari, gestito da un giovane. Il minimo che posso fare è offrire il caffè alla persona che si è dimostrata gentile e poi si sa, bere insieme il caffè è anche un modo per fare conoscenza e conquistare quel minimo di confidenza che serve ad acquisire informazioni. Il giovanotto del bar ha rilevato l'esercizio commerciale solo da qualche mese, da maggio. Nei periodi invernali Montauro conta circa 700 abitanti, numero che nel periodo estivo aumenta di molto, con il ritorno degli emigranti e con la presenza di turisti di passaggio.
Questa è la chiesa di San Pantaleone, dove alle 17.30 del 24 agosto 2017, fu celebrato il funerale di Gianni AIELLO "faccia da mostro" ex poliziotto morto a seguito d'infarto.


Dalla parte di dietro della chiesa, si ha la possibilità di ammirare la costa che sino al promontorio. Dall'altra parte c'è Soverato.

La morte raggiunge Giovanni AIELLO mentre è intento a tirare a riva la sua barca sulla spiaggia di Calalunga situata tra Pietragrande e Montepaone Lido. A ridosso del mare ha trascorso qui i suoi ultimi anni di vita, facendo il pescatore vivendo della sua pensione statale e trascorrendo il suo tempo con i pochi amici che aveva tra pranzi e cene a base di pesce. Amici di cui nessuno parla e di cui non si sa niente sino ad oggi, perché l'argomento faccia da mostro, in quelle zone è, e rimane argomento tabù.
Subito
soccorso i medici ne constatano la morte e la salma viene trasportata al
Policlinico universitario di Catanzaro per essere sottoposta ad autopsia e verificare le vere cause del decesso. Non
tutte le persone decedute per presunto infarto vengono sottoposte a questo genere di esami, ma qui stiamo di
parlando di Gianni Pantaleone AIELLO detto "faccia da mostro" ex poliziotto ex
presunto collaboratore di Bruno Contrada ex presunto appartenente ai servizi
segreti deviati ex presunto autore di
vari omicidi indagato da 4 Procure! L'uomo che Vincenzo AGOSTINO aveva
riconosciuto come colui il quale era andato a casa sua a chiedere del figlio
Antonino poliziotto di mestiere prima che quest'ultimo fosse ucciso
barbaramente insieme alla moglie. Fu proprio Vincenzo AGOSTINO ad affibbiare a
Gianni AIELLO l'appellativo di "faccia da mostro". La notizia della morte di
AIELLO si sparge immediatamente. Come
una freccia dall'alto schiocca, vola veloce di bocca in bocca cantava De Andrè
! E ovviamente arriva anche ai media.
MORTO FACCIA DA MOSTRO indicato come
l'autore dell'omicidio del piccolo Claudio DOMINO a Palermo anni prima. Caso
strano e ho già avuto modo di scriverlo, la salma entro breve tempo viene
sottoposta all'esame autoptico e il 23 agosto vengono stampati i manifesti
funebri che ne annunciano le esequie per il giorno dopo il 24 alle ore 17.30
presso la chiesa di San Pantaleone in Montauro.

L'agenzia funebre SQUILLACIOTI oggi non più operante nel settore delle pompe funebri, viene incaricata dalla famiglia di curare il servizio. Come evidenzia la foto la data riportata sul manifesto è 23 agosto 2015. Pensiamo ad una svista del tipografo, ma mi riservo di andare a trovare la titolare che adesso è proprietaria di un negozio di fiori a Montepaone Lido e scambiare quattro chiacchiere con lei in merito a questo particolare a al funerale di faccia da mostro. (Purtroppo interpellato da una mia fonte del luogo la titolare in questione ha sempre rifiutato d'incontrarmi tanto meno di parlare del fu AIELLO Giovanni).

Spiaggia di Calalunga o Calalonga a Montauro scalo
Gianni Aiello giunge alla fine della sua esistenza terrena. L'autopsia accerta decesso a seguito d'infarto, la Procura dispone il rilascio del cadavere che ne possono così celebrare il funerale.
Tratto da internet.

Il medico legale Maria CHIARELLI esegue l'autopsia e ne stabilisce la morte a seguito d'infarto. Cause naturali. Per cui La moglie Ivana Orlando si affretta a chiedere la restituzione dei beni del marito Aiello Gianni. Dissequestro al quale si oppone la DDA di Reggio Calabria. Insomma faccia da mostro non è stato eliminato, non è vittima di un reato.
la famiglia decide di cremarne il corpo. Ma erano le ultime volontà contenute in uno scritto, in un testamento dell'AIELLO oppure fu una decisione arbitraria presa all'improvviso dai familiari? Forse nei suoi discorsi con i congiunti in precedenza prima dello scadere della sua esistenza terrena, aveva più volte espresso il desiderio verbale di essere cremato dopo il trapasso. A detta del suo legale Eugenio BATTAGLIA, fu un suo preciso desiderio. Permettetemi di manifestare qualche dubbio! Io personalmente non ce lo vedo a dire: dopo morto voglio essere cremato.
Comunque faccia da mostro viene tumulato in una tomba del cimitero di Montauro in attesa della cremazione della sua salma.
Foto estrapolata da un servizio televisivo

Ma faccia da mostro dopo la tumulazione avvenuta qualche giorno dopo la sua morte, fu veramente cremato?
Sopra viene riportata la foto estrapolata dal servizio televisivo effettuato qualche giorno dopo il suo funerale. Sotto invece viene riportata la foto scattata da me in data 21 settembre 2022.

Come si può ben notare dalla sua prima tumulazione avvenuta nell' agosto del 2017 al 21 settembre 2022, nulla è cambiato nel loculo di faccia da mostro. Non c'è alcun marmo, nessuna foto e le iniziali "G A" con la croce in mezzo si trovano nello stesso preciso punto in cui furono tracciate quel famoso giorno della sepoltura. La conclusione non può che essere una sola. Giovanni Aiello da quel giorno non è più stato riesumato per essere cremato. Allora perché il suo avvocato Eugenio Battaglia dopo il funerale davanti la chiesa di San Pantaleone a Montauro dichiarò che per espresso desiderio del defunto il suo corpo sarebbe stato cremato. Aggiunse a voce alta: - siamo orgogliosi di essere stati tuoi amici. Sei stato un uomo mite, punto di riferimento. Quel giorno a Montauro al funerale erano presenti un centinaio di persone che applaudirono all'uscita della bara. Sicuramente tra quelle persone erano presente i pochi intimi amici che con lui erano soliti condividere la passione per la pesca e i pranzi e le cene dove ogni tanto Gianni Aiello, si lasciava andare in confidenze in merito al suo trascorso da poliziotto. Ma chi sono questi amici. Di cui non si conosce nessun particolare? Sono passati più di 6 anni da quel mese di agosto del 2017, eppure da Montauro paese e da quel tratto di costa dove faccia da mostro passava le sue giornate, nulla trapela, nessuno ha parlato e nessuno vuole parlare. Tutti vogliono dimenticare. E' impensabile che il corpo di Giovanni Aiello sia stato riesumato cremato e l'urna contenente le sue ceneri tumulata nuovamente nello stesso loculo al cimitero di Montauro e la G e la A con la croce in mezzo tracciata nell'identico esatto punto in cui era stata tracciata la prima volta. Inoltre secondo un operatore del settore delle pompe funebri è anche impensabile che venga sprecato un loculo che può contenere una bara, solo per tumularvi una piccola urna! Vista anche la carenza di posti nei cimiteri ed i prezzi esorbitanti che hanno raggiunto le tombe. Se fosse stato veramente cremato, per l'urna di Gianni Aiello si sarebbe trovata un'altra soluzione questo è sicuro. Quindi cosa nasconde veramente quel loculo cosa c'è dentro. C'è veramente il corpo di faccia da mostro? Oppure c'è qualcosa che doveva essere seppellita con lui. Misteri su misteri che al momento nessuno è in grado di svelare. Dopo la sua morte le indagini non si sono fermate quindi non possiamo sapere se ci sono stati degli sviluppi. Sappiamo solo che la vicenda ha perso l'interesse mediatico scattato subito dopo il decesso e durato per qualche tempo. E sappiamo di sicuro che in quel di Palermo un vecchio uomo che da decenni vive di ricordi del figlio, poliziotto morto ammazzato, continuerà a non tagliarsi barba e capelli mentre incessantemente continuerà a chiedere giustizia per suo figlio e per sua nuora. Voce inascoltata che come un eco, si disperderà ancora tra i monti attorno al capoluogo siciliano. Ma c'è un uomo che a tutta questa storia potrebbe aggiungere qualcosa. Particolari che forse servirebbero a chiarire alcuni episodi. Quest'uomo è l'avvocato Eugenio Battaglia legale di faccia da mostro, ma lo stesso avvocato è sempre stato molto restio a parlare anche durante un breve colloquio telefonico avuto con me alcuni mesi prima del 21 settembre 2022. In quel frangente, si dimostrò subito molto seccato ed infastidito della telefonata e non volle affrontare l'argomento Aiello asserendo che anche lui stava scrivendo un libro sulla vicenda del suo ex cliente. Cosa nasconde tutta questa storia e perché nonostante il desiderio espresso da faccia da mostro quando era in vita e cioè dopo morto di essere cremato, non è stato esaudito? Andrò avanti in questa mia ricerca oppure aspetterò che l'esimio avvocato Eugenio Battaglia finisca di scrivere questo suo annunciato libro e lo faccia pubblicare? Solo il tempo ce lo saprà dire. Intanto sulla spieggia di Calalunga le estati passano tranquille calde assolate e spensierate. Ogni anno arrivano i turisti a riempire gli hotel b&b della zona e le case vacanze. Dai lidi la notte, lungo tutta la costa si espande musica e la gente dopo una giornata di mare, degusta i prodotti locali beve e si diverte. Viene.
da chiedersi se veramente esiste un aldilà: Se esiste, forse da dove si trova Aiello, potrà vedere e sentire tutto questo. Una cosa è certa, di lui non si parla più e quando si smette di parlare di un defunto o non se ne è mai parlato dopo la sua morte, significa che è stato dimenticato perché forse per i suo compaesani non contava nulla e forse anche perché la sua figura faceva paura e continua a farla anche da morto. L'intera vicenda faccia da mostro la possiamo definire "la storia infinita che non avrà mai fine" ne hanno parlato tutti, poi per un certo periodo tutto tace e all'improvviso se ne riparla, come in questo caso.

Basta un articolo, un titolo a caratteri cubitali ed ecco che faccia da mostro viene ridestato dal suo sonno eterno ed il suo ricordo ritorna a serpeggiare in tutto il meridione, attraversa lo Stretto di Messina e la sua faccia deturpata sorge nuovamente dalle onde del mare di Mondello.
Mi chiedo quante volte i giornalisti devono riportare la notizia che Giovanni AIELLO faceva parte dei servizi segreti deviati? Mi chiedo ma di concreto, nell'processo sull'omicidio di Nino agostino cosa è emerso di nuovo da far sperare in un trionfo della verità e che finalmente giustizia sia fatta? E chi lo sa! Aiello qua, Aiello la, faceva parte dei servizi segreti deviati stava qua stava la, ma AIELLO aveva fatto la prima comunione? Ah no, questo particolare non è rilevante.
Nel frattempo la vita a Montauro Scalo Provincia di Catanzaro e precisamente a ridosso della spiaggia di Calalunga o Calalonga luogo tanto caro a faccia da mostro, il tempo scorre lentamente. Gli amici suoi a noi tutti sconosciuti, hanno però trovato il tempo di porre una stele a memoria del loro compaesano Gianni il pescatore Aiello. L'hanno fissata all'interno di quella che era la sua baracca da pescatore e che ora è sicuramente di proprietà dei familiari, per cui non è stata necessaria alcuna autorizzazione comunale, (il Sindaco di Montauro Giancarlo Cerullo con cui io ebbi un breve colloquio in data 5 aprile 2023, può dormire sonni tranquilli).


E tu continui a vivere nei lei luoghi amati nel cuore dei tuoi cari e dei tuoi amici. AMICI, che sicuramente quell'agosto del 2017 applaudirono al suo funerale all'uscita del feretro! AMICI che purtroppo e mi duole ammetterlo io non sono riuscito a rintracciarne nemmeno uno. Leggendo questa scritta appare difficile credere ed immaginare che un uomo del genere che si è meritato una targa a memoria con così toccanti parole scritte dai suoi amici, posso essere quel tremendo e orrendo criminale uccisore di bambini.
Chissà. Al momento ci fermiamo. MA NON FINISCE QUI.
Antonino FRANCO