Il caso Emanuela Orlandi
Prefazione
Voglio Dare avvio all'apertura di questo "BLOG" con un argomento che mi riporta ai primi anni della mia attività lavorativa nella Polizia di Stato. E come ripercorrere il tempo all'indietro, quando ero giovane senza problemi e con nobili ideali impressi nella mente. Onore patriottismo senso del dovere. Tengo però a precisare che questo mio scritto non racchiude in se alcun elemento di rilevanza investigativa utile all'inchiesta in corso. Quanto da me riportato in queste pagine sono notizie di cui l'opinione pubblica ne è a conoscenza da anni. Contiene in definitiva alcuni brevi aneddoti che si riferiscono a pochi mesi di lavoro in Polizia quando il mio cammino s'incrociò con la storia di Emanuela Orlandi. Il resto è frutto di congetture, e riflessioni di un cittadino, libero di esprimere il suo pensiero senza offendere alcuno e nel rispetto di ognuno che la pensi diversamente.
Il Caso Emanuela Orlandi - "La storia infinita"


Il 22
giugno 1983, avevo compiuto da pochi giorni 23 anni e mi trovavo a Roma dove
ero stato trasferito come prima destinazione dopo 9 mesi di corso nel disciolto
Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza divenuta in seguito Polizia di Stato.
Ricordo che ero arrivato nella Capitale
la sera del 3 settembre 1982, mentre in quelle stesse ore a Palermo si consumava una tragedia, un
duplice assassinio ovvero la morte di un
grande servitore dello Stato che mentre
veniva barbaramente ucciso, si trovava
in compagnia della moglie. Ma la presenza della donna non aveva impietosito la
vile mano del killer il quale non esitò neppure per un istante a premere il
grilletto. All'epoca, io giovane ed ancora inesperto accumunai quel dramma a
tanti altri accaduti negli anni
precedenti. Solo in seguito con il senno del poi, compresi che la morte
di DALLA CHIESA era stato l'ennesimo esempio di come lo STATO non aiuta certo i
suoi fedeli e devoti servitori, al contrario li abbandona a se stessi
lasciandoli soli in balia del pericolo spingendoli verso un destino crudele e
feroce fatto di dolore di sangue di carni lacerate! Un
destino di morte. Dopo alcuni mesi di apprendistato comunemente chiamati
"servizi d'istituto, venni a conoscenza che la D.I.G.O.S. Divisione Investigazioni
Generali Operazioni Speciali cercava facce nuove, giovani da formare e
utilizzare per servizi di appostamenti e
pedinamenti. A marzo del 1983 il terrorismo italiano, aveva subito grossi colpi
anche se di fatto non era del tutto sconfitto e sulla scena facevano capolino
già i primi pentiti e dissociati specie coloro che avevano militato nelle
brigate rosse, ma questo è un altro discorso. Fatto sta che mi ritrovai
catapultato alla D.I.G.O.S. di Roma Sezione Antiterrorismo di sinistra. Era
metà marzo del 1983 e sino a quel momento non sapevo nemmeno cosa significasse
la parola DIGOS. Ricordo solo che la mattina del mio arrivo, quando feci il mio
ingresso nell'ufficio della squadra di cui avrei fatto parte, ebbi paura. Più
che poliziotti, le persone che mi ritrovai di fronte sembravano dei pericolosi
pregiudicati. Ma si sa, mai fidarsi delle apparenze che spesso e volentieri
ingannano e di ciò ebbi modo di rendermene conto negli anni a venire che
trascorsi con quei colleghi e di cui imparai ad apprezzarne il valore la
tenacia e la serietà professionale che dimostrarono nello svolgere il loro
lavoro. Nella DIGOS erano soprannominati " la squadra spaccamattoni" ! Ma anche
questa è un'altra storia che forse un giorno varrà la pena di raccontare. Ma
torniamo al caso di Emanuela ORLANDI o meglio .
La storia infinita
Il 22
giugno 1983 Emanuela non fa più ritorno a casa. I particolari della sua
sparizione sono ormai noti a tutti. In questi decenni dalla sua scomparsa,
internet ha accumulato migliaia di notizie e dettagli, insomma tutti conoscono
l'argomento o almeno quelli delle generazioni mature. Forse un po' meno i
giovani. Inizialmente la vicenda viene presa sottogamba dagli organi
investigativi. Si pensa ad un allontanamento volontario della ragazza per
motivi legati alla sua giovane età. Ma poi vista la pressione della stampa, la
sparizione di Mirella GREGORI avvenuta sempre a Roma il 7 maggio dello stesso
anno, ovvero più di un mese prima di Emanuela, il fatto che la ORLANDI fosse cittadina vaticana, ecco che qualcuno in alto
inizia a riflettere e pensare bene che è proprio il caso di darsi una mossa.
Viene così istituito un pool d'investigatori facenti capo alla DIGOS SQUADRA
MOBILE e CRIMINALPOOL. Almeno questo è quanto accadde a Roma in Questura.
Presumo che in contemporanea incominciarono a muoversi anche gli apparati investigativi dei Carabinieri e scesero in campo i Servizi segreti. Fatto sta, che un una mattina il comandante della squadra 3A antiterrorismo di cui facevo ormai parte, mi convocò nel suo ufficio e mi disse:- Ragazzo da oggi andrai ad occuparti di un caso estremamente delicato ed importante. Seguirai le intercettazioni telefoniche insieme a personale della Criminalpool e della Squadra Mobile relative a quella ragazza della città del Vaticano che è scomparsa. Devo ammettere che inizialmente mi sentii inorgoglito di tale incarico così rilevante dal punto di vista giudiziario! Invece con il passare del tempo iniziai a fare alcune considerazioni che mi sopraggiunsero nella mente notando l'andazzo che aveva preso il servizio. Ora non ricordo con esattezza quali utenze telefoniche da seguire mi furono affidate, ma una si me la ricordo benissimo. Il numero fisso diretto a cui avrebbe risposto l'allora Segretario di Stato Vaticano Agostino CASAROLI. Ebbene, io trascorsi alcuni mesi al servizio intercettazioni sul caso Orlandi ma che io ricordi, nei miei turni di servizio questo numero non lo sentii mai squillare. Sostanzialmente quei pochi mesi trascorsi a seguire i telefoni posti sotto controllo, furono una vera pacchia. Telefoni che parlavano poco quindi facili da seguire. La mattina alle ore 08.00 arrivavo nella sala intercettazioni posta al quarto piano della Questura di Roma, un ambiente climatizzato, mentre fuori aveva iniziato a fare caldo. Alle 08.30 prima pausa per il caffè che non prendevo nel bar della stessa Questura, ma insieme ad altri colleghi mi recavo fuori dall'edificio, in un bar poco distante. Ore 10.30 altra pausa per fare merenda con la classica rosetta con la mortadella, poi ore 13.45 fine servizio. Il controllo sarebbe ripreso poi intorno alle ore 14.15 con l'arrivo del collega che avrebbe svolto il turno pomeridiano 14.00/20.00. Ma torniamo alle considerazioni ed ai dubbi che mi assalirono col passare delle settimane dal momento in cui fui assegnato all'importante incarico e che inizialmente m'inorgoglì e non poco! Rendendomi conto chiaramente della mia inesperienza investigativa seppur di carattere chiamiamola intercettiva , iniziai a chiedermi perché avevano messo me ad ascoltare e trascrivere telefonate. In fondo ero giovane, alle prime armi non conoscevo determinati meccanismi e linguaggi e avrei potuto sicuramente prendere fischi per fiaschi interpretando e trascrivendo parole che a me sarebbero sembrate senza senso ma che invece magari avevano una rilevanza investigativa. Essendo io ancora del tutto privo di acume investigativo avrei potuto tralasciare ovvero sorvolare su conversazioni che all'orecchio di un investigatore esperto avrebbero sortito un altro effetto. Perché di fatto il servizio funzionava così. Dovevamo ascoltare le telefonate e registrale. Quindi a nostro avviso quelle che ritenevamo utili le trascrivevamo sul brogliaccio facendo un riassunto e poi le segnalavamo. Di seguito il superiore veniva ad ascoltare l'intera telefonata e se la riteneva utile ne ordinava la trascrizione integrale. Ecco come funzionava! Ora ditemi voi, come facevo io giovane poliziotto ancora inesperto a capire linguaggi e termini abitualmente utilizzati a Roma magari usando mezze frasi! Niente infatti per la maggior parte non riuscii a comprendere nulla. Giusto per fare un esempio. Qualche mese dopo di domenica mattina con l'intera squadra facemmo un pedinamento a Porta Portese a due presunti fiancheggiatori delle BR. Mentre con circospezione transitavo davanti a due bancarelle senti che un venditore diceva all'altro:- Ahò me sa che oggi piove. L'altro rispose: e si me sa tanto che oggi piove proprio. Io istintivamente alzai gli occhi al cielo. Non c'era una nuvola, il sole splendeva e faceva anche caldo. Pensai:- ma questi due sono scemi ma quale pioggia. Ore dopo tornando in ufficio, così senza dargli importanza raccontai l'episodio al collega anziano che stava con me, un Assistente Capo romano. Mi rispose che mi avevano sgamato cioè scoperto, avevano capito che ero una Guardia. Ho voluto citare questo breve aneddoto giusto per far capire la mia totale mancanza di capacità professionale necessaria per svolgere un incarico di così vitale importanza per l'indagine su un caso che a distanza di decenni non è ancora stato risolto. Capii tante cose in quei mesi d'intercettazione. La prima fu che il servizio ai telefoni non piaceva a nessuno specie ai colleghi anziani, La seconda che a tali servizi solitamente venivano assegnati gli ultimi arrivati o i rompiballe, soggetti che non mancano in nessun ufficio. La terza era che le assegnazioni spesso dipendevano dall'importanza che veniva data all'indagine in corso. E guardandomi intorno ebbi spesso l'impressione che la scomparsa di quella ragazza, sino al quel momento non rappresentava la priorità della DIGOS. Giusta o sbagliata che fosse, io ebbi questa sensazione che mi sono trascinato dietro in tutti questi lunghi anni. Per mia fortuna (almeno a quel tempo la considerai così) fui tolto da quell'incarico e iniziò il mio apprendistato fuori su strada e ciò significava indagini accertamenti pedinamenti e appostamenti. In fondo tutto quello che desiderava fare un giovane poliziotto assegnato ad una unità operativa. Finì cosi il mio breve periodo che mi fece conoscere Emanuela Orlandi, la sua sparizione. Ero convinto che di li a pochi mesi la vicenda si sarebbe risolta con il ritrovamento della ragazza, viva oppure morta. Mai e poi mai avrei pensato che a distanza di quasi 40 anni, ancora di Emanuela non si hanno notizie. Un caso ancora aperto.
Naturalmente in questi decenni per una mia curiosità ho continuato ad interessarmi e seguire questo caso, tenendomi aggiornato attraverso articoli di giornali, trasmissioni televisive ed altri mezzi d'informazione. Quindi vorrei fare alcune considerazioni e valutazioni relative alla vicenda Orlandi e che voglio condividere con coloro che andranno a leggere queste pagine. Inizio dall'ultima notizia, quella che in questi giorni tiene banco sulle pagine dei giornali e che è argomento di discussione in molte trasmissioni televisive. Parlo della decisione presa dal Vaticano, ovvero di riaprire l'inchiesta indotto dai 5 misteri del caso. Un momento, qui i conti non tornano, ma andiamo con ordine. Pietro Orlandi fratello di Emanuela il quale da anni conduce una battaglia personale per la verità sulla scomparsa della sorella, in questi ultimi tempi e anche di recente ha sostenuto in televisione che di fatto la magistratura vaticana, in tutti questi anni non ha mai aperto nessuna inchiesta in merito alla sparizione della sua cittadina, asserendo che siccome l'episodio della sparizione di Emanuela era accaduto in territorio italiano, il caso era di competenza degli inquirenti italiani. Ma che baggianate sono! E quindi sin da quel lontano 22 giugno 1983 non hanno mai mosso un dito, almeno ufficialmente. Consentitemi ora una frase tratta da linguaggio da caserma. Ma che stronzate vanno dicendo questi magistrati all'ombra del Cupolone! Mi viene da pensare a tutti quei casi di cittadini italiani sequestrati all'estero o uccisi. Siccome i crimini non sono stati commessi in Italia, la Procura di Roma non doveva aprire dei fascicoli su Regeni sulla Sgrena e tanti altri. Passiamo ai 5 misteri decisivi per la presunta riapertura del caso! A mio avviso su questa vicenda ci sono molti più misteri dei 5 di cui si parla e sono anche fermamente convinto che l'opinione pubblica non li saprà mai. Ma ci pensate! Stiamo parlando della Chiesa cattolica, la più potente organizzazione al mondo e mettiamo da parte la fede e la religione parlando di ESSA. Mi viene in mente un detto dialettale calabrese che forse è esteso anche ad altre parti d'Italia. Recita, nto paisi cumanda un PREVITI e U MARESCIALLU di CARABINERI. Cosa sta a significare questa frase che in italiano si traduce:- nel paese comanda il Prete ed il Maresciallo dei Carabinieri. Significa principalmente che l'autorità religiosa ovvero il sacerdote è a tutti gli effetti riconosciuto dal popolo, come vera e propria autorità la quale esercita il suo potere di comando prima ancora del Maresciallo dei CC Istituzione che rappresenta lo Stato. Badiamo bene, comanda il prete e il Maresciallo dei Carabinieri. Quindi non a caso la figura del parroco viene messa al primo posto. Molto spesso nei detti popolari si nasconde una parte di verità su quella che è la realtà che viviamo! Ogni località di questo mondo, tranne pochi paesi dove la religione cattolica è bandita, dicevo in ogni paese contrada città metropoli vi sono chiese monasteri conventi e altri edifici di estrazione cattolica, ove naturalmente vi si trovano preti monaci frati suore laici diaconi etc etc. Ebbene se ci riflettete ognuno di questi luoghi oltre a rappresentare un baluardo della cristianità, di fatto all'occorrenza può trasformarsi in un punto di raccolta d'informazioni. Un intelligence capace di reperire notizie informazioni ed altro. Insomma un servizio segreto formidabile più della CIA del MOSSAD e dell'ex KGB. Ora mi chiedo, possibile che il Vaticano con tutta questa forza in campo, su un terreno facile come la città di Roma, non sia stato in grado se non subito ma almeno qualche mese dopo, reperire notizie e informazioni utili per indagare sulla scomparsa di Emanuela Orlandi? No, non mi viene da credere. Chi disse "volere è potere"? Il vaticano, non ha voluto? Non ha potuto? A mio avviso tutti e due termini sono intrecciati tra di loro. Non hanno voluto perché non hanno potuto e se non si vuole e non si può è solamente perché l'ordine arriva sempre da qualcuno che sta talmente in alto da esercitare un comando così forte su cui nessuno troverà mai da obbiettare tanto meno avrà mai la forza di contrastarlo. A quel tempo se non ricordo male, negli ambienti della Polizia non si parlò mai di una collaborazione con la gendarmeria vaticana! Eppure dopo l'attentato a Giovanni Paolo II, gli organi di sicurezza e controllo di Citta Del vaticano furono notevolmente rafforzati e potenziati. Insomma un qualche aiuto dal punto di vista investigativo avrebbero potuto anche fornirlo agli investigatori italiani. Ma io non venni mai a sapere di niente del genere, nessuno parlò di alcuna collaborazione da parte loro. Bisognerebbe chiedere ai capi di allora, sempre se ancora qualcuno di loro è in vita. Mi viene alla mente un particolare che non ha niente a che fare con il caso del rapimento della Orlandi. Durante le guerre di mafia quando giornalmente si contavano i morti per strada. Ad ogni soggetto ammazzato, appartenente ad una determinata cosca, ci si aspettava sempre la risposta. Occhio per occhio, avete ucciso un nostro uomo e noi ammazziamo uno dei vostri. Se questa risposta non arrivava, ciò aveva un solo significato. Per un qualche sgarro interno la vittima era stata uccisa dai suoi stessi compagni di cosca. Insomma una sorta di regolamento interno. Perché mi balza continuamente in testa questo particolare accostandolo al Vaticano? Forse perché sono convinto che la Chiesa è maestra nel lavare i panni sporchi in famiglia e nel coprire le loro magagne e fanno trapelare solo una minima parte della verità, anzi forse nemmeno quella.
Trovo strano che questa decisione giunga a qualche giorno di distanza dalla morte di Benedetto XVI. Mi chiedo se non sia stata ispirata dall'alto e non mi riferisco certo al cielo ma qualche gradino più sotto. Fatto sta che la magistratura vaticana avvierà le indagini e mi auguro veramente che scoprano qualcosa anche se in tutta sincerità ci credo poco. Ipotizzo una mia teoria, ci daranno un contentino che ci faccia tacere per un po' mentre nel frattempo il tempo continuerà a trascorrere inesorabilmente. Pazzesco, fermatevi a riflette per alcuni minuti su questa abominevole vicenda! Svuotate la vostra testa dal calcio e dalle trasmissioni di cucina che sembra siano gli unici interessi che hanno gli italiani e questa testa utilizzatela per pensare. Perché pensare dovutamente e su argomenti importanti è anche un modo per cambiare questa nostra vita e per cambiare questo sistema di cacca che ci vuole stupidi apatici ignoranti e privi della ragione! Provate a pensare alla famiglia di Emanuela che da 40 anni aspetta di sapere la verità sulla sua scomparsa, oppure se lei è morta così come io credo e mi dispiace tanto per i familiari, avere i suoi resti da seppellire in una tomba dove poter andare a piangere e pregare quello stesso Dio a cui si rivolgono le stesse persone che hanno tenuto nascosta la verità rimanendo nell'ombra sotto la cupola di San Pietro. Cosa si prova a non avere nemmeno una tomba dove poter andare a versare lacrime per un caro defunto? Beh potremmo chiederlo a quei familiari dei sequestrati che dopo essere stati rapiti, non hanno fatto più ritorno a casa e di cui non sono mai stati ritrovati i resti mortali. Loro i familiari potrebbero rispondere con chiarezza cosa si prova. Oppure rivolgiamoci a Pietro Orlandi il quale non demorde e ogni istante grida:- voglio la verità, voglio la verità, voglio mia sorella. Un vincolo, un legame di sangue non si può interrompere ne ora e ne mai. Lega nelle carne e nello spirito. Io mi chiedo, mi domando, sono passati 3 Papi in questi anni, da quel lontano 22 giugno 1983! Uno di questi è stato addirittura fatto Santo in tempi brevi e durante il suo papato ha girato in lungo e in largo chiedendo perdono a nome della Chiesa, al mondo intero per le ingiustizie subite per colpa della Chiesa! Ma la Chiesa di Roma, nelle persone di questi 3 Sommi Pontefici, ha mai chiesto scusa alla famiglia Orlandi?
Capacissimi questi magistrati a distanza di secoli di riaprire l'inchiesta sul tradimento di Giuda in quanto c'erano fondati sospetti che non avesse agito da solo e che avesse un complice tra i "Dodici" (bufala) e del tutto incapaci di operare ed investigare sul mistero di questa sparizione? Non mi viene da crederci. Secondo me avevano iniziate le ricerche a suo tempo, ma poi sono stati costretti ad interromperle. Ordini superiori, questa è la dicitura utilizzata in questi casi. Come il sequestro Moro. Nelle prime settimane lo Stato aveva avviato una serie di trattative con ambienti non certo da considerarsi legali. Poi improvvisamente per ordini superiori tutto si blocco, le trattative cessarono e il cadavere di Aldo Moro fa ritrovato privo di vita in Via Michelangelo Caetani, una traversa di Via Botteghe Oscure, praticamente a due passi dalla sede del P.C. I. e Piazza Del Gesù sede della D.C. Un messaggio subliminale lanciato dai brigatisti che ne fecero trovare il corpo in pieno centro. Potevano farlo ritrovare in qualsiasi parte della Capitale senza correre il rischio di venire individuati. Invece rischiarono e lo portarono in mezzo alla DC e al P.C.I. Ad un gesto del genere si possono dare tante interpretazioni, così come è stato fatto dai maggiori studiosi ed esperti specie del fenomeno terrorismo nostrano! Oggi a distanza di lunghi anni, credetemi, forse quella vera e giusta non è mai stata rivelata. Ma chi la deve sapere la sa oppure la sapeva e se l'è portata nella tomba. Cosa nasconde la CHIESA? Perchè questa ragazza è stata rapita? Caso di pedofilia come asserisce l'ex magistrato ora in pensione Giancarlo Capaldo nel suo romanzo "la ragazza scomparsa" ma chiaramente ispirato al caso Orlandi, oppure qualcosa di più grave di più tenebroso e oscuro a tal punto da mettere in pericolo o in discussione gli stessi "dogmi" della CHIESA"? A questo punto ogni ipotesi è valida e i tanti misteri ingigantiscono l'intera vicenda che va ad ingarbugliarsi con storie di malavita banda della Magliana servizi segreti stranieri terroristi turchi e una strana tomba, quella di un malavitoso ucciso e poi seppellito in una chiesa del Centro di Roma, manco fosse un Vescovo, un monsignore o un devoto e pio uomo di Dio. Di certo c'è solamente che le spoglie mortali del bel Renatino ovvero Enrico DE Pedis, per anni hanno potuto risposare all'interno di un edifico che di fatto è suolo Vaticano sotto al Crocifisso, almeno sino a quando non è saltata fuori la storia della sua sepoltura. E' proprio il caso di dirlo, "MISTERI DELLA FEDE". Come avevo già scritto in precedenza ben altre erano le priorità degli inquirenti italiani in quegli anni! L'attentato al Papa Giovanni Paolo II ancora si trovava nei primi posti in classifica e la pista Bulgara aveva preso piede e valeva la pena di essere seguita. Sapete chi era Serghei ANTONOV?
Serghei Antonov era un addetto alla compagnia aerea Balkan Air a Roma e considerato appartenente ai servizi segreti del suo paese. Tenete presente che c'era ancora la guerra fredda anche se di fatto era diventata un po' meno fredda e che il muro di Berlino non era ancora stato abbattuto! Fu arrestato con l'accusa di essere un complice di Alì Agca dopo le accuse dello stesso terrorista turco nella preparazione dell'attentato al papa Wojtyla. Due suoi compatrioti addetti all'ambasciata bulgara con gli incarichi di cassiere e segretario, considerati presunti complici non furono mai arrestati perché nel frattempo richiamati in Patria. Antonov invece cadde nelle maglie della giustizia italiana e arrestato il 25 novembre del 1982. Lo ricordo bene Serghei Antonov in quanto lo vedevo tutti i giorni essendo addetto alla sua vigilanza. Ricordo che trascorreva gli arresti domiciliari in un edificio situato in Via Pola una traversa di Via Nomentana una strada in salita. Credo fosse la sua abitazione romana. Non ricordo a che piano abitasse anche se di fatto quel piano lo conoscevo palmo per palmo avendovi trascorso turni di vigilanza di mattina di pomeriggio di sera e di notte. Il servizio era così programmato. Su al piano di Antonov vigilava un solo agente della DIGOS da solo e con una sedia su cui sedersi fornita dall'anima caritatevole dello stesso Antonov. Credetemi dopo qualche ora quella scomoda sedia diventava più dura del granito a tal punto che preferivo stare in piedi.. Sotto in strada comodamente seduti in macchina davanti al portone, vigilavano altri due agenti della DIGOS. Nel contesto del servizio, il più scomodo era da considerarsi il piantonamento davanti la porta. Serghei non apriva mai la porta e lo vedevo soltanto quando veniva il controllo ovvero il personale del "TURNO" sempre della DIGOS. In quel caso il sottufficiale o ispettore gli suonava alla porta, lui apriva, si constatava la sua presenza all'interno dell'appartamento e la si annotava sul registro. Poi richiudeva la porta. Non ricordo quanto tempo trascorsi sul pianerottolo di casa Antonov! Fatto sta che il bulgaro nel 1986 fu assolto per insufficienza di prove e poi rientrò in patria.
Tratto da Internet
MORTO ANTONOV, L'UOMO DELLA PISTA BULGARA
01.08.2007
Se ne va lasciando dietro di sé una scia di misteri il bulgaro Serghei Antonov, l'uomo accusato di aver partecipato all'attentato a papa Giovanni Paolo II, compiuto materialmente dal turco Mehmet Alì Agca il 13 maggio 1981 in Piazza San Pietro. Antonov, che da quell'accusa era stato assolto nel 1986 per "insufficienza di prove", è morto a Sofia, secondo quanto annunciato dal Ministero degli Interni nella capitale bulgara. E' deceduto a quanto pare di morte naturale nel suo appartamento a Sofia, dove viveva da solo, e la sua morte risalirebbe a qualche giorno fa. Aveva 58 anni e viveva in modo ritirato.
Il corpo senza vita è stato trovato nell'abitazione dopo che una vicina aveva segnalato la sua assenza. Antonov, all'epoca responsabile dell'ufficio romano della compagnia aerea Balkan Air, era stato arrestato a Roma il 25 novembre del 1982 dopo che Agca lo aveva accusato di avere partecipato all'organizzazione dell'attentato e di avergli anche fornito la pistola da lui usata per sparare al Papa, ferendolo gravemente. Il bulgaro aveva però sempre respinto le accuse, negando anche di conoscere Agca.
Finché il 29 marzo del 1986 la Corte d'assise non lo ha assolto per insufficienza di prove insieme agli altri due bulgari Teodor Ayvazov e Vassilej Kolev, rispettivamente cassiere e segretario dell'ambasciata di Bulgaria a Roma, anch'essi accusati da Agca ma mai arrestati perché nel frattempo richiamati in patria.
L'arresto di Antonov, tra l'altro, aveva provocato scalpore e tensione internazionale. In sede processuale, alcune circostanze riferite da agca avevano trovato riscontri obiettivi, come la descrizione dell'appartamento di Antonov, altre no. E mentre polemiche e accuse coinvolgevano i servizi sovietici e statunitensi, le prove per condannare Antonov non furono mai trovate. Al rientro in Bulgaria, Antonov aveva continuato a lavorare per la Balkan, andando però incontro successivamente a una vita di ristrettezze e anche a problemi psichici. In seguito ha ricevuto dallo Stato bulgaro, che ha sempre proclamato la sua innocenza, una pensione per "meriti straordinari".
Il nome di Antonov resterà comunque sempre legato alla cosiddetta "pista bulgara" per l'attentato a Wojtyla, legata al sospetto che dietro il tentativo di assassinio ci fosse Mosca, col suo desiderio di eliminare il Papa polacco, visto come un pericolosa spina nel fianco del blocco comunista. All'origine dell'attentato, si diceva, ci sarebbe stato il timore di Mosca per un possibile "contagio" dalla Polonia, dove si era affermato il primo sindacato libero del mondo comunista, Solidarnosc, sostenuto dal Papa. Lo stesso Alì Agca aveva sostenuto che Antonov avesse agito per conto dei servizi segreti bulgari. Ipotesi, queste, che però non hanno mai trovato riscontri definitivi, anche dopo l'apertura degli archivi dei servizi segreti del regime bulgaro nel 1989. Anche Sofia aveva sempre proclamato che quella della "pista bulgara" era "una provocazione della Cia" per screditare il paese ritenuto l'alleato più vicino all'Unione Sovietica.
Durante una sua visita in Bulgaria nel 2002, lo stesso papa Wojtyla dichiarò di non aver mai creduto alla "pista bulgara" per l'attentato che mise a rischio la sua vita perché - disse - "ho troppa stima del popolo bulgaro". Tra i protagonisti della vicenda resta Agca, condannato all'ergastolo prima di ottenere la grazia nel 2000 dalla giustizia italiana su richiesta di Giovanni Paolo II. Attualmente è in prigione in Turchia per diversi crimini commessi nel suo paese prima del tentativo di assassinare il Papa.
Lo stesso Papa polacco dichiaro di non aver mai creduto alla cosiddetta "pista bulgara". Dunque anni di indagini e soldi dei contribuenti andati in fumo. Ma non fu certo la prima volta ne sarà mai l'ultima. Basti pensare ai risarcimenti che ogni anno lo Stato paga a cittadini condannati ingiustamente
Dopo la sua annunciata assoluzione insistenti voci di corridoio affermarono che lo Stato italiano in base a trame e oscuri accordi con Paesi del Patto di Varsavia aveva preferito togliersi quella spina dal fianco ovvero la presenza di Antonov sul territorio italiano anche perché di fatto c'erano solo le accuse di un terrorista turco in preda ad attacchi di pazzia che cambiava versioni un giorno si e l'altro pure, cosa che di fatto continua a fare anche attualmente. Però riflettendoci sopra appare evidente che gli inquirenti italiani Governo in testa spingessero più verso la soluzione dell'attentato al Papa! Avrebbe significato onori e prestigio e riconoscimenti a livello internazionali. E per gli investigatori sul campo invece, encomi avanzamenti di carriera premi in danaro etc etc Insomma sarebbe stato più vantaggioso il caso Wojtyla a la sua completa soluzione. Invece del caso Orlandi, ma a chi volete che interessasse la sorte di una ragazzina di 15 anni. 25 novembre 1982 Antonov viene arrestato e quindi si inizia a seguire ed approfondire la pista bulgara. 22 giugno 1983 Emanuela viene rapita, esattamente 7 mesi dopo. Secondo voi gli sforzi degli inquirenti, su quale caso rimasero concentrati? Quale delle due indagini fu tralasciata e marginalmente messa da parte? Ai posteri l'ardua sentenza.
In conclusione voglio rivolgere un pensiero a quella ragazzina allora minorenne e che oggi avrebbe 55 anni essendo nata il 14 gennaio del 1968. La sua vicenda è durata e sta durando più della guerra dei trent'anni
La vita di un poliziotto è fatta di ipotesi ed intuizioni e queste caratteristiche hanno sempre accompagnato la mia vita professionale e anche oltre. Ma in questo caso voglio solo parlare di speranza, la speranza che si metta la parola fine a questa triste vicenda e che venuti meno certe esigente di assoluta segretezza in tutti gli ambienti coinvolti, Pietro Orlandi ed i suoi familiari possano trovare la serenità e la pace persa quel lontano 22 giugno del 1983. Serenità e pace che solo la verità potrà fornire loro. E NIENTE ALTRO.