Vita da Sbirri

09.02.2023

Questa è la storia vera di un'attività di Polizia Giudiziaria svolta da Personale della Squadra Mobile di Reggio Calabria nell'anno 1991. Non c'è nulla d'inventato. I personaggi di cui si narra sono veri, alcuni ormai in pensione, altri ancora in servizio ed altri purtroppo ormai deceduti per cause naturali. Non si tratta di un racconto fantasioso sul genere poliziesco a cui siamo abituati nelle fiction in televisione! Ma è stata pura realtà, vicende accadute e non inventate Adesso dopo 32 anni se ne può parlare e raccontarne il sunto, perché se di dovesse scrivere un libro su quell'anno vissuto così pericolosamente ne uscirebbe un volume di centinaia di pagine. A chi vorrà leggere queste pagine auguro buona lettura, a chi non vorrà leggerle auguro buona fortuna ugualmente.

Ma sappiate che non si tratta della trama di un film. 

I Soldati del Cane

Rimanemmo tutti impietriti dallo sgomento ed il latitante con il casco integrale in testa e armato sino ai denti ci passò a pochi metri di distanza a bordo della moto condotta dal cognato T.R. Nessuno dei due si accorse della nostra presenza.

Sono anni ormai che siamo abituati a vedere i criminali latitanti catturati dentro comodi appartamenti in città oppure come nel caso dell'ultimo eclatante arresto di M.M.D. mentre se ne andava in giro per la città indisturbato. Negli anni 70/80/90 la caccia ai latitanti era un'altra cosa. Si svolgeva principalmente in zone di campagna e nei rilievi montuosi. Naturalmente mi sto riferendo alla Sicilia, Sardegna e soprattutto alla Calabria e quando parlo di quest'ultima intendo la Provincia di Reggio Calabria. Furono anni caratterizzati da lunghe gite in montagna così come le definivamo noi "BOUNTY HUNTERS cioè cacciatori di taglie! Solamente che a differenza loro, quando il servizio estenuante e logoro andava a buon fine con l'arresto del ricercato, noi operatori di Polizia non riscuotevamo certo il premio della taglia in denaro ma soltanto una pergamena che poteva essere una lode un encomio e nel più fortunato dei casi un encomio solenne od una proposta di avanzamento al grado che non sempre andava a buon fine. Nel mio caso durante quegli anni, di proposte di avanzamento a grado ne ricevetti ben tre e vi assicuro che non sono poche. Nessuna fu accolta per motivi che non starò qui a spiegare, posso solo aggiungere che tutto è politica simpatia antipatia e raccomandazioni, anche in questi ambienti istituzionali! O almeno lo era anni fa. Mi torna alla mente un episodio che fa proprio riferimento alla caccia ai latitanti di montagna, cioè a coloro che per sfuggire alle Forze di Polizia, trovavano rifugio tra i boschi e nelle grotte dell'Aspromonte. E' una storia durata meno di un anno e che varrebbe veramente la pena di essere raccontata tutta dall'inizio e chissà che un giorno non mi decida a farlo. Ma, per adesso mi limiterò dalle pagine di questo blog a narrarvi di un periodo di vita vissuta di un manipolo di sbirri mettendo in evidenza le loro debolezze le loro ansie e anche le loro paure! Perché in fondo uno sbirro è un uomo come tanti, un marito un fidanzato e anche un padre, insomma un essere umano tale e quale agli altri, anche se molto spesso l'opinione pubblica condizionata dalla televisione e da pseudo giornalisti se ne dimentica.

Ricordo che era la metà di gennaio del 1991 e prestavo servizio alla Squadra Mobile di Reggio Calabria. Eravamo reduci da una grande operazione di Polizia culminata il 4 dicembre del 1990 con l'arresto di numerosi appartenenti ad alcune cosche della città che durante la seconda guerra di mafia, avevano insanguinato le strade del capoluogo. L'attività investigativa durò diversi mesi e venne denominata Operazione Santa Barbara appunto perché fu effettuata il 4 dicembre giorno di questa Santa. In definitiva a parte alcuni strascichi di coda, questa operazione mise fine alla seconda guerra di mafia, anche se di fatto i grandi sapientoni e conoscitori del fenomeno ndranghetistico, ovvero taluni giornalisti e scrittori, negli anni a seguire non hanno mai dato la giusta importanza a questa super operazione sminuendola agli occhi dell'opinione pubblica. L'operazione Santa Barbara diede in seguito origine alle varie fasi dei processi Olimpia Si è parlato di interventi della mafia siciliana per far porre fine a questa guerra, insomma se ne sono dette di ogni genere e solo alcune avallate da pochi risconti a seguito di dichiarazioni di pentiti! Di concreto rimane solo un dato, quello che la S.M. di Reggio Calabria riuscì a smantellare le cosche criminali che ammazzavano in città anche in pieno giorno e senza curarsi delle vittime innocenti rimaste coinvolte. Ma nessuno conosce a fondo quale fu il lungo pericoloso ed estenuante lavoro che alla fine permise gli arresti. La guerra di mafia tra i vari schieramenti subì una brusca frenata e fu contenuta. Ma chiudo questa breve parentesi aggiungendo un particolare importantissimo in tutte le varie fasi dell'operazione conclusa il 4 dicembre del 1990! Un particolare importantissimo per l'intera l'attività investigativa ed operativa. Da qualche anno a capo della Squadra Mobile era giunto il Dottor Vincenzo SPERANZA, deceduto qualche anno fa. 

 Vantava una grande esperienza conseguita negli anni precedenti a Palermo presso la Squadra Mobile. Allora giovane funzionario era stato alle dipendenze di quel famoso Bruno CONTRADA le cui vicende giudiziarie sono note a tutti e aveva anche lavorato a stretto contatto con il povero Boris GIULIANO. Insomma SPERANZA aveva le spalle larghe e sapeva il fatto suo. Era un uomo d'azione che stava sempre davanti a tutti. Il capo giusto che ci voleva per la squadra Mobile di quegli anni. Sin da subito prese le redini in mano e attuò una serie di cambiamenti che sortirono molti miglioramenti nella metodologia di lavoro. 

Breve parentesi. Da questo momento per il proseguo del racconto, per indicare i personaggi di cui parlerò, utilizzerò dei soprannomi e ciò per una questione di correttezza nei confronti dei colleghi anche se molti di essi sono ormai in pensione.

Partiamo da tre operatori della S.M. perché la maggior parte del racconto ruota intorno a loro. Il primo era un Assistente Capo detto "il Gatto" poi due agenti "Vasco" e "Braccio di Ferro".

Qualche tempo prima, Vasco da sempre appassionato di elettronica e di mezzi di comunicazione via etere, insomma apparati radio trasmittenti aveva scoperto che certe cosche di ndrangheta del reggino utilizzavano radio trasmittenti per comunicare tra di loro. Tra di essi c'erano diversi latitanti, dei capicosca e killers, i quali utilizzando detti mezzi pianificavano agguati omicidi e altre attività criminali. Erano tempi brutti e ogni giorno la città di Reggio Calabria contava dei morti ammazzati. In una saletta molto riservata della Questura, Vasco realizzò una piccola centrale d'intercettazioni radio che a quel tempo era veramente da considerarsi pioneristisca. Sfruttando le sue conoscenze in materia d'elettronica e i pochi mezzi messi a disposizione dall'Amministrazione riuscì ad impiantare un sistema che oltre a permettere di ascoltare le conversazioni tra i vari criminali, anche a registrali in automatico. Adesso non ricordo esattamente come avvenne il colloquio riservato con il capo della S.M. e cosa fu detto! Fatto sta che SPERANZA capì subito l'importanza della scoperta e non perse tempo. Coprì l'intera operazione dal massimo segreto ed individuò tra gli effettivi della S.M. alcuni operativi che gli ispiravano fiducia. Oltre a Vasco fecero il loro o ingresso nella squadra Gatto e Braccio di Ferro. Naturalmente per necessità la squadra si sarebbe potuta avvalere di altro personale della Mobile. Ma si doveva sempre avvisare SPERANZA. La squadra doveva riferire solamente a lui e a nessun altro. I primi periodi furono dedicati solamente ai servizi d'intercettazione. I ndranghetisti per comunicare tra di loro utilizzavano un linguaggio particolare, cioè parlavano in codice e per indicare gli altri soggetti amici o avversari orbitanti nel panorama criminale locale dei soprannomi. I film che oggi vediamo al cinema oppure nelle serie televisive, ambientati nel mondo della malavita dove i poliziotti utilizzano dei soprannomi per indicarsi tra di loro, insomma come i partigiani della seconda guerra mondiale che avevano nomi di battaglia, di fatto nel 1990 iniziò ad utilizzarli la squadra addetta a tale servizio. Ed ecco che fecero la loro comparsa Vasco Gatto e Braccio di Ferro e tanti altri di cui al momento mi sfuggono i soprannomi. Il soprannome solitamente veniva assegnato a seguito di alcune particolarità fisiche dell'interessato oppure per motivi vari. Il linguaggio particolare dei malavitosi fu oggetto di studio anche se in tutta sincerità in alcuni casi furono talmente puerili che il vero significato di ciò che volevano dire venne subito e facilmente individuato. Alcuni esempi. La polizia veniva chiamata "i comancheros", il ristorante dove ci sono quelli che dormono sempre era il cimitero, (luogo utilizzato per i loro incontri all'aperto. La frase:- mi è arrivato un chiodo, stava a significare che era stato oggetto di un colpo sparato da lontano con un fucile di precisione e tanti altri termini a frasi. Nel giro di poco tempo la squadra fu in grado di scoprire e comprendere tutti i termini usati. Aquila uno, direttore, principale, cavallino, uba ubba, tush tush tutti soggetti di cui alcuni latitanti, di elevato spessore criminale. Insomma con un duro lavoro d'ascolto e riscontri effettuati all'esterno, in quei mesi furono individuati i soggetti mafiosi che conversavano tranquillamente via radio convinti di non essere intercettati. Grazie a questo servizio in atto, furono prevenuti ed evitati anche alcuni omicidi. Come già detto il 4 dicembre giorno di Santa Barbara scatta l'operazione che smantella le cosche cittadine e del circondario. Il servizio aveva avuto successo grazie all'impegno profuso principalmente dalla squadra. Negli anni ho imparato che anche attività di Polizia concluse positivamente, generano spesso delle reazioni incomprensibili che vanno a minare il clima di distensione che invece dovrebbe scaturire! Ma non voglio parlare di ciò e andiamo avanti. Il resto del mese di dicembre passò tranquillo e anche parte di metà gennaio del 1991. Vasco Gatto e Braccio di Ferro impiegarono questo tempo per la preparazione di una stazione mobile del tipo di quelle che si vedono oggi nei film di Polizia, su un furgone civile. Vetri oscurati tettuccio apribile da dove poteva uscire l'antenna, porta interna per passare nell'abitacolo guida e naturalmente l' immancabile apparecchiatura elettronica. Una chicca per quei tempi almeno giù da noi, un meccanismo che consentiva dal posto di guida, girando una chiave di cambiare la targa posteriore ed anteriore del furgone. L'ordine di allestire questo furgone era giunto direttamente da Vincenzo SPERANZA il quale come suo solito non diede spiegazioni in merito. La mattina del 14 gennaio 1991 il Capo convocò Gatto Vasco e Braccio di Ferro nel suo ufficio. Nel frattempo anche a lui durante gli ultimi mesi dell'operazione Santa Barbara la squadra aveva affibbiato un soprannome quando comunicavano tra di loro. Da un bel giorno SPERANZA divenne "il Bracco" per tutti. Si dice che allora gli affibbiarono questo nomignolo forse perché aveva sempre un atteggiamento ringhioso e anche quando richiamava qualcuno (nel linguaggio da caserma inteso "cazziava") lo faceva con tono calmo a bassa voce guardandoti fisso negli occhi con quel suo sguardo gelido, ringhiando potremmo dire e senza ripeterlo due volte. In quei casi l'unica cosa da fare era rimanere in silenzio abbassare un gli occhi in attesa che si calmasse! Anche perché se ti richiamava, aveva sempre ragione lui. Fu chiaro breve e preciso dicendo:- domani mattina partirete in missione nella Locride. Il vostro compito sarà quello di scandagliare il territorio alla ricerca di latitanti. ( negli anni novanta i latitanti nella Provincia di Reggio Calabria proliferavano e solitamente preferivano trascorrere la loro latitanza in zone montuose ). Il Bracco concluse:- sono venuto a conoscenza da fonte sicura che anche nella zona jonica utilizzano gli apparati radio, quindi partite e riferite a me solamente. Non aggiunse altro. La mattina seguente la squadra mi mise in viaggio, Braccio di Ferro alla guida con dietro Vasco che dalla partenza aveva iniziato ad armeggiare con le sue creature elettroniche. Precedeva Gatto alla guida di una Jeep civile. Dal punto di vista di conoscenza del territorio la squadra partiva avvantaggiata. Gatto era un profondo conoscitore di quei luoghi avendovi svolto numerosi servizi principalmente in montagna. Quello che ci raccomandò il Bracco fu:- "segretezza massima segretezza". Le prime settimane trascorsero girando lungo tutta la costa che da Brancaleone arriva a Monasterace , battendo ovviamente tutti i luoghi di montagna. Fu d'aiuto alla squadra per celare il vero scopo della loro presenza in quel tratto di Provincia reggina, l'occasione che in quel periodo era in atto la guerra del golfo e quindi ai pochi curiosi incontrati nelle zone montuose i quali li notavano fermi in zone appartate con l'antenna radio che usciva fuori dal tettuccio e domandavano chi fossero e cosa stessero facendo in quei posti, Gatto la sparava grossa e rispondeva che erano tecnici del ministero della Difesa con il compito di rilevare movimenti aerei con il radar. Talvolta esagerava e a qualche pastore che poneva la stessa domanda, aggiungeva che il mezzo aveva sofisticate apparecchiature le quali oltre a rilevare la presenza di eventuali missili lanciati dagli iracheni verso l'Italia, dette apparecchiature potevano deviarne la traiettoria. qualcuno se ne andava dubbioso, mentre altri si accontentavano della risposta anche perché capivano che era meglio non insistere nel fare domande. In definitiva la squadra non ebbe problemi per tenere nascosta la sua identità e il vero obbiettivo del lavoro da parte degli "indigeni" (chiamavamo così gli abitanti dei vari paesi)! Viceversa in qualche occasione i problemi anche se superabili arrivarono dai "cugini di campagna" cioè i Carabinieri. Una fredda e scura sera di febbraio il furgone dopo aver effettuato lunghe ore di ascolto radio in zona Zomaro, inizio a scendere verso la costa jonica in direzione Locri. Vasco alla guida della jeep faceva strada, mentre dietro Braccio di Ferro come al solito si trovava alla guida del furgone, in compagnia di un elemento nuovo, un agente della sezione distaccata della Squadra Mobile di Locri assegnato alla squadra. Purtroppo questo agente non è più in vita. Prima di arrivare nel centro abitato di Antonimina, la piccola colonna incrociò una panda dei "cugini di campagna" che invece saliva. Dallo specchietto retrovisore Braccio di ferro si accorse che l'autoveicolo dei CC si era fermato aveva fatto inversione ed aveva preso a seguirli. Braccio di Ferro via radio comunicò a Vasco:- abbiamo compagnia! Vasco rispose.- Ora ci fermano. No aggiunse Braccio di ferro, secondo me ci aspettano al varco e stanno chiamando rinforzi. Infatti quella volta i "cugini CC" agirono con intelligenza. Giunti davanti l'ospedale di Locri, la squadra trovò il comitato di accoglienza pronto a riceverli. Almeno 4 gazzelle, una decina di Carabinieri con giubbotto antiproiettili e mitra spianati. Poverini, rimasero veramente male quando si resero conto chi avevano davanti! Sino a pochi minuti prima erano convinti che stavano per fare il colpaccio, magari uno spostamento di qualche latitante oppure un sequestrato o qualche altra grossa attività criminale. Insomma rimasero di stucco che quasi non volevano far andare via la squadra (ovviamente stavano chiedendo istruzioni via radio al loro Comando), sino a quando spazientito, Braccio di ferro all'Appuntato CC che lo stava controllando gli disse:- collega stai intralciando un riservato servizio di Polizia e stai mettendo a rischio la nostra copertura e se accade ciò ne subirai le conseguenze, quindi fai spostare subito quelle macchine e facci passare. L'avvertimento ebbe l'effetto desiderato e i CC fecero spazio. Inizialmente appena fermati al posto di blocco, Braccio di Ferro notò un carabiniere era corso subito a rilevare annotando il numero di targa del furgone. . Alla fine prima di ripartire Braccio di Ferro senza farsi accorgere dai " cugini" girò la chiave e la targa fu cambiata. In ogni caso, la loro copertura era saltata almeno al cospetto di altre forze di polizia. Da quel momento la Compagnia CC sapeva che in zona operava sotto copertura un furgone mimetizzato della Polizia con chissà quali segreti a bordo. Avevano anche il numero di targa del furgone, numero di targa che la squadra da quel momento ebbe l'accortezza di non utilizzare più. Ma la Polizia di Stato non fu da meno anche per dovere di cronaca si deve aggiungere che questi ultimi furono meno accorti. Accade che un pomeriggio mentre il furgone guidato da Braccio di Ferro percorreva la SS 106 in direzione Marina di Gioiosa Jonica con dietro Vasco che faceva ascolto radio, dietro di loro per almeno dieci chilometri ebbero una macchina della PS con i colori d'Istituto appartenente a qualche commissariato. In un primo momento Braccio di Ferro ebbe come l'impressione che i colleghi stessero seguendo loro magari insospettiti da qualcosa ma si sbagliava, . l'autovettura stava facendo la loro stessa strada. Quando il furgone si fermò e anche Vasco scese dal mezzo si accorse le la targa posteriore stava a metà, nel senso che si vedevano metà numeri di una e le lettere di un'altra. Inavvertitamente Braccio di ferro guidando aveva girato la chiave che cambiava le targhe lasciando in vista due mezze targhe. Vasco e Braccio di Ferro fecero alcuni commenti sull'acume d' osservazione degli occupanti della macchina della P. di S. che era stata loro dietro per tanti chilometri. Fu un intermezzo divertente tra i tanti impegnativi che la squadra svolgeva normalmente. Finalmente ai primi di marzo, dopo aver seminato in lungo ed in largo per la Locride, venne il tempo della raccolta. Una sera il furgone era posizionato sopra Grotteria quando Vasco captò una strana conversazione tra un uomo ed una donna! Mi senti diceva l'uomo con voce grossa e rauca. Si ti sento rispose la donna.

Uomo:- mi servono le batterie per la radio

Donna:- si te le faccio avere.

Insomma il resto della conversazione fece comprendere immediatamente che l'uomo era senza ombra di dubbio un latitante e la donna presumibilmente sua moglie.

Ci sentiamo domani alla stessa ora concluse l'uomo e chiuse la conversazione.

Da quel momento la squadra si mise in allerta e per alcuni giorno quasi alla stessa ora, anche se spostandosi di poco dal punto dove avevano ascoltato la conversazione la prima volta, Vasco riuscì ad intercettare i due. Adesso non ricordo in base a quale ragionamento tecnico e un'approssimativa triangolazione, ma Vasco stabilì con un margine di dubbio che la donna trasmetteva da Gioiosa Jonica Superiore. Il primo tassello al mosaico era messo. Nel 1991 tre erano i latitanti le cui famiglie risedevano a Gioiosa Jonica Superiore! In cima alla lista per importanza e spessore criminale vi era Giuseppe JERINO' o IERINO' alias "Peppi u manigghia" (alias Peppi u cinghiali così come la squadra lo definì poi in codice una volta avuta la certezza che si trattasse di lui). Erede di quel Francesco JERINO' capobastone della cosca JERINO', meglio conosciuto come "CICCIU U MANIGGHIA". Cicciu u manigghia era stato un boss di spessore al punto che il siciliano Michele NAVARRA boss di Corleone durante la sua latitanza trovò ospitalità presso di lui.

Michele Navarra, boss di Corleone

Almeno così riportano le cronache giudiziarie di quei tempi. Anche se per dovere di cronaca risulta che dal 1948 al 1949 Michele NAVARRA trascorse un periodo di confino di Polizia proprio a Gioiosa Jonica. Sicuramente fu durante questo periodo che Don Ciccio JERINO' conobbe il famoso medico mafioso di Corleone e si intrecciarono i rapporti.

Ma ritorniamo agli altri due latitanti di G.J.S. Sempre andando per importanza criminale, rimanevano Michele MUIA' ed infine tale Roberto LOCCISANO. Restava da stabilire quindi chi dei tre fosse colui che ogni giorno intorno alle 17.00 parlava con la donna per meno di un minuto. E qui entrò in scena il Gatto, profondo conoscitore di quelle zone ed esperto cacciatore di latitanti. Roberto LOCCISANO venne scartato a priori in quanto a quei tempi troppo giovane. Invece l'attenzione di Gatto si concentrò subito su Michele MUIA' convincendosi lui stesso che in effetti era proprio lui il latitante che parlava alla radio. Non si sa per quale motivo il Gatto scartò subito Giuseppe JERINO'! Fatto sta che da quel momento, scattarono subito gli accertamenti sulla famiglia MUIA'. Naturalmente presso il Commissariato di Siderno a nome di questo latitante esisteva già un copioso fascicolo, ma Braccio di Ferro esperto nel ramo accertamenti ed indagini, dovette partire da zero, in quanto lo stesso SPERANZA, notiziato dal Gatto, impose maggiormente assoluto silenzio e segretezza ed evitare di avere alcun tipo di contatto con le Forze di Polizia locali. A quel tempo, SPERANZA a sua volta informava di ogni attività che svolgeva la Squadra Mobile di Reggio Calabria in tutta la Provincia, l'allora capo della Direzione Centrale della Polizia Criminale (abbreviata Criminalpol) Luigi ROSSI che la squadra aveva preso a definirlo in codice con il nomignolo di "Gigino Gigetto". Insomma tutto faceva presupporre che il Gatto ci avesse azzeccato, Lo speaker misterioso era il latitante Michele MUIA'. Il Bracco dal suo ufficio di Reggio Calabria non stava più nella pelle dalla contentezza, era in brodo di giuggiole e giornalmente informava "Gigino Gigetto" sugli sviluppi delle indagini. A quel punto si poneva un problema. Era inutile continuare a girare con il Furgone anche perché ciò avrebbe aumentato il rischio di essere notati e scoperti. Occorreva individuare un punto ovvero una casa ove impiantare una stazione radio fissa per continuare le intercettazioni. Ma doveva essere un punto aperto dove poter dirigere l'antenna verso Gioiosa Jonica Superiore.  

Gioiosa Jonica Superiore

Ovviamente non si poteva certo andare in una casa qualsiasi bussare e chiedere se potevano cedere una stanza, per cui. Dopo aver scartato subito i locali del commissariato di Siderno, la scelta cadde sull'edificio che ospitava la sezione di Polizia Stradale con sede sempre a Siderno. Era una palazzina di 3 piani e dal terrazzo in lontananza si vedeva l'abitato di G.J.S. Era il punto ideale per effettuare l'ascolto. Dopo un primo momento di difficoltà rappresentato dal rifiuto del Comandate la Stradale di cedere una stanza appartata ove la squadra potesse piazzare le apparecchiature, l'ostacolo venne superato grazie all'intervento del Bracco che a sua volta informò del problema Gigino Gigetto che stava a Roma. Onde evitare che Gigino Gigetto iniziasse a volare, il Comandante Polstrada pensò bene che sarebbe stato meglio cedere alle lusinghe del potere Istituzionale. Detto fatto. Nel giro di pochi giorni una stanza adibita ad alloggio, venne trasformata in una stazione radio e sul terrazzo fu issata un'antenna alta diversi metri. Insomma vale il detto, per nascondere una mela, la si deve mettere in un cesto pieno di mele. Ricezione ottima ascolto ottimo. Tutto funzionante alla perfezione. Nel frattempo all'esterno Braccio di Ferro incessantemente continuava ad acquisire più informazioni possibili ed effettuando indagini supportato dal Gatto al quale andava il merito di aver identificato il MUIA' nello sconosciuto soggetto che parlava via radio. Nel proseguo delle investigazioni sotto copertura, grazie alle conoscenze del Gatto, la squadra ebbe modo di migliorare la padronanza del territorio. Particolarità importantissima in quanto si doveva conoscere bene il terreno dove si operava. Alla squadra si aggiunse in aiuto un altro elemento proveniente dalla Sezione distaccata della Squadra Mobile di Locri! Un giovane Agente siciliano al quale fu assegnato come nome in codice "guerriero". Le prime settimane di marzo trascorsero con l'intensificarsi delle varie attività di Polizia. Ascolto registrazioni, trascrizioni delle conversazioni considerate utili ed interessanti e maggiori accertamenti investigativi su Michele MUIA'. Sino a quando arriva il 19 marzo festa del papà ma soprattutto festa di San Giuseppe. Premesso che sino a quel giorno, parlando via radio l'omo e la donna non si erano mai chiamati per nome. Ad ogni inizio conversazione avevano sempre esordito con la ormai tipica frase:- mi senti? Risposta:- si ti sentu. Comunque quel famoso 19 marzo alle 17.00 circa si verifica ancora una volta la conversazione tra l'uomo e la donna e cioè il presunto latitante Michele MUIA' e la donna che si presumeva fosse sua moglie almeno dalle conversazioni intercettate e registrate sino a quel giorno. La conversazione durò poco come al solito ma verso la fine accadde qualcosa di veramente incredibile. La moglie del latitante quando stava per chiudere commise uno sbaglio e disse al marito:- aspetta spetta che ti passo la zia Michelina. Vasco che come al solito ascoltava con molta attenzione, sentii allora la voce di una donna anziana che esclamò:- Auguri Pepè auguri! Vasco fece un balzo dalla sedia. E questo Pepè da dove saltava fuori! la voce era sempre la stessa di quella dell'uomo che ormai intercettava da settimane. Ma l'uomo secondo il Gatto era Michele MUIA' non Pepè. Era impensabile che questa zia Michelina si rivolgesse al nipote chiamandolo con un altro nome. Chiusa la conversazione, breve briefing e conclusione immediata. Il latitante che veniva ormai intercettato da settimane, non era Michele MUIA' come indicato dal Gatto, ma in realtà si trattava di Giuseppe JERINO' figlio di don Ciccio JERINO' u manigghia patriarca della cosca omonima e amico nei precedenti decenni del fu Michele NAVARRA medico boss di Corleone quando ancora Totò u curtu RIINA e Binnu PROVENZANO andavano in giro con i calzoncini corti e strappati. Insomma un latitante molto ma molto più importante del MUIA' Michele.

Era Giuseppe IERINO' ovvero lui.

Il Gatto dopo aver chiesto venia e fatto penitenza immergendo la testa nell'acqua santa dell'acquasantiera posta all'ingresso della chiesa di Portosalvo a Siderno, si precipitò ad avvisare il Bracco dell'avvenuta scoperta. Il Capo della S.M. di Reggio Calabria inizialmente "cazziò il Gatto ed il resto della squadra per lo sbaglio ma poi contento, a sua volta si affrettò ad informare Gigino Gigetto nella capitale. Adesso la situazione assumeva un importanza molto più grande! Si aveva di fronte un criminale appartenente ad una delle maggiori cosche della Locride. Un criminale autore di sequestri di persona, di delitti ed altri gravi reati. Adesso molto più di prima la squadra si doveva chiudere a riccio aumentando la cautela nei movimenti nella riservatezza e nella segretezza. Da quel 19 marzo del 1991 ci fu un radicale cambiamento nella vita della squadra. Non esistettero più orari fissi di lavoro, si era sempre in servizio e furono messi da parte mogli fidanzate figli genitori e ogni genere di affetto. Dal loro vocabolario scomparve la parola giorno di permesso o di licenza, insomma rimase in atto solo una frase la squadra ed il latitante , "U CINGHIALI" come fu definito in codice da quel momento Peppi JERINO' u manigghia. E questo concetto di totale dedizione all'attività di Polizia in corso, lo ribadì qualche giorno dopo lo stesso Bracco, la quale li andò a trovare presso la piccola stazione radio situata nella sede della Polstrada a Siderno. Con il suo solito tono ringhioso disse loro:- Non esiste niente per voi, esiste solo l'operazione in corso. Consideratevi dei soldati in zona di guerra e basta. Braccio di ferrò ascoltando quelle parole pensò tra se e se. 

Si siamo soldati in guerra, soldati del Bracco, siamo i "SOLDATI DEL CANE". Nei giorni a seguire Braccio archiviò il fascicolo MUIA' e ripartendo da zero iniziò nuovamente una lunga serie di accertamenti ed indagini sulla famiglia JERINO' ivi compresi parenti compari affini accoliti sino alla settima generazione. La squadra durante l'operazione Santa Barbara, si era conto che il più delle volte la gente guardava con meno attenzione gli agenti in divisa a bordo di una macchina con colori d'Istituto, anziché un'autovettura civile la quale non passava certo inosservata in certi ambienti e certe zone della città, ad occhio malavitoso esperto. Per cui durante quell'attività Braccio di ferro e Vasco presero a girare in divisa per la città con auto scritta Polizia. Infatti la gente vedendoli in giro pensava subito alla normale volante in servizio di pattugliamento! Nessuno poteva immaginare che a bordo vi erano invece due agenti operativi della Squadra mobile impegnati in un' attività di osservazione ed investigazioni. Si pensò quindi di utilizzare lo stesso metodo per girare nelle Vie di Gioiosa Jonica Superiore e zone vicine. Anche in questo caso il metodo ebbe successo. Cola passare dei giorni si aggiungeva sempre un piccolo tassello all'indagine e si andarono a riascoltare tutte le conversazioni registrate Tra L'ormai identificato Peppe IERINO' e la moglie T. A. Ogni intercettazione riascoltata offrì sempre un piccolo indizio a cui prima non si aveva fatto mai caso. Con i tanti servizi posti in essere furono identificati fiancheggiatori e anche soggetti comuni che favorivano gli spostamenti suoi e della moglie, la quale ogni tanto scompariva da casa per qualche giorno per andare a trovarlo. La zona di operazioni si concentrò principalmente sopra il Comune di Martone in piena alta montagna in una zona chiamata casa del fuoco in quanto vi era una torre di avvistamento per gli incendi boschivi. 

Martone

La squadra operativa aveva capito che il latitante si muoveva tra quelle montagne e vallate perché conosceva ogni sentiero e grotta ed inoltre poteva contare sull'appoggio dei pastori di quei luoghi. Se Peppe UERINO' faceva il latitante, allora anche gli uomini della squadra avrebbero fatto a loro volta i latitanti. Iniziarono quindi una serie di appostamenti tra i boschi adottando un abbigliamento ambiguo che li fece sembrare dei veri e propri banditi. Passamontagna vestiti vecchi senza alcun accenno a vestiario militare. Il travestimento riuscì bene a tal punto che a loro volta furono scambiati per latitanti. (Di questo particolare ne vennero a conoscenza da fonti sicure ma in seguito). Finalmente fu individuata una casa sperduta in un vallone tra le montagne. Vi abitava un uomo anziano con sua moglie e suo figlio maggiorenne. Il luogo era ideale in quanto, in auto vi si arrivava solo percorrendo un lungo tratto di una stretta strada a terra battuta che consentiva di essere avvistati da molto lontano. Il posto favoriva però diverse vie di fuga a piedi attraverso il canalone ed i sentieri scoscesi lungo la montagna. Per fortuna stavolta il gatto non fallì! Individuo subito le vie di fuga ed il sentiero che dalla cima della montagna avrebbe permesso di giungere a piedi sino alla casa. Un mattino ci fu un importante servizio di appostamento che consentì a Braccio di ferro e al "messicano" (un altro appartenente alla S.M. di Reggio Calabria inviato in aiuto alla squadra) di poter notare la moglie del latitante T.A. mentre a bordo della sua piccola utilitaria si recava presso l'abitazione sopra descritta. Si pensò che sti stesse recando a lasciare qualche imbasciata per il marito, alla famiglia che si presumeva appoggiava il marito latitante. Il gatto unitamente ad altro elemento nottetempo era riuscito ad arrivare a qualche centinaio di metri dalla casa e a posizionarsi in un nascondiglio sicuro. Anche lui vide arrivare la moglie del ricercato, ovvero T.A. e riuscì a fotografarla mentre s'incontrava con il marito intento a lavarsi in un lavatoio esterno Chi ha svolto operazioni di Polizia capirà benissimo che un qualsiasi intervento, in quell'istante era completamente da escludere! Occorreva solamente aspettare la fine dell'incontro e poi allontanarsi da quei luoghi evitando di essere visti. Il resto delle ore della giornata e parte della sera furono molto concitate. Il Bracco da Reggio Calabria si precipitò a Siderno. Fu un susseguirsi di discussioni. Bisognava elaborare un piano ben preciso che permettesse la cattura del latitante e allo stesso tempo riducesse al minimo i rischi per il personale che sarebbe intervenuto. Era ben chiaro chi si avrebbe avuto di fronte, un criminale che non avrebbe esitato a premere il grilletto se avesse anche intravisto un piccola possibilità di fuga e sfuggire così alla cattura. Il Gatto propose allora un piano d'azione che alla luce di quanto accadde poi, forse avrebbe avuto successo. Disse che una squadra composta da dieci unità da lui guidata, nelle ore notturne sarebbe scesa lungo il sentiero già utilizzato il giorno in cui lo stesso gatto assistette all'incontro tra Peppe u cinghiali e la moglie T.A. avvicinandosi il più possibile all'abitazione. Un'altra squadra più numerosa avrebbe risalito sempre a piedi la lunga strada a terra battuta portandosi il più vicino possibile alla casa di compagna. Avrebbero aspettato il primo albeggiare e poi con la luce sarebbe scattata l'operazione. Il Bracco valutò bene la proposta del gatto e pensò che aveva molte probabilità di riuscita! Ma a mettere a tacere tutti ci pensò da Roma il caro Gigino Gigetto, ovvero il capo della Criminalpol Centrale Prefetto Luigi ROSSI, il quale disse a Speranza:- N.O.C.S. manderò i N.O.C.S. e ..... N.O.C.S. fu.

Quasi tutti, in primis i componenti della squadra ci rimasero molto malte per un motivo principale. Con l'intervento degli Agenti del Nucleo Operativo Centrale Sicurezza sarebbe venuto a mancare un elemento essenziale, il fattore sorpresa. Siderno non era certo una grande città come Roma Napoli Milano etc etc. Era solo un grande paesone e uno spiegamento di mezzi e forze speciali non sarebbe mai passato inosservato. La squadra cercò di far notare questa difficoltà al Bracco, ma non ce ne fu bisogno, anche lui comprendeva questo rischio, ma rompendo gli indugi impose il silenzio esclamando Ubi maior minor cessat. E così fu. Nel più breve tempo possibile il personale del N.O.C.S. dalla Capitale si catapultò nella Locride. Come era immaginabile si portarono dietro un quantitativo enorme di materiale e mezzi compreso un elicottero che prese a stazionare nel campo sportivo di Siderno. Braccio di ferro li sentì parlare anche di "bat mobile" . ma non si domandò di cosa stessero parlando. Naturalmente come previsto il movimento e l'arrivo di truppe speciali non passò inosservato agli indigeni. In sostanza Il Bracco ed il comandante delle teste di cuoio il compianto GENOLINI decisero di adottare il piano originario del Gatto che andava bene tranne che il Gatto aveva proposto l'intervento di una squadra ridotta che poteva muoversi silenziosamente e senza essere notata! Viceversa con l'arrivo dei N.O.C.S. ormai tutti a Siderno e zone vicine sapevano dell'arrivo delle forze speciali. Purtroppo questa volta la scusa della guerra del golfo non sarebbe servita a camuffare le cose. Ormai le uova erano rotte e in nottata si sarebbe fatta la frittata. L'operazione scatta alle ore 02.00. Per fortuna non c'è la luna. L'oscurità avvolge il gruppo di uomini che in fila indiana percorre la strada di terra che porta alla casa lontana dei favoreggiatori del latitante. Precede il gruppo Braccio di Ferro il quale fa da guida il reparto del N.O.C.S. Braccio ha i nervi a fior di pelle ma non tanto per il contesto pericoloso relativo alla cattura del latitante, quanto per quanto era accaduto un attimo prima che partissero dalla Sezione di Polizia Stradale di Siderno. Mentre stava salendo sul mezzo, il bracco avvicinandosi a lui e guardandolo fisso negli occhi per alcuni attimi gli esclamò:- "OCCHIO" senza aggiungere altro. Poi lo vide avvicinarsi al gatto che a sua volta stava per prendere posto sulla jeep. Occhio, quella parola inizio a rimbombare nella testa di Braccio mentre la colonna si dirigeva verso la zona d'operazioni. Poteva significare tante cose. Fai attenzione alla pelle, attenzione a non sbagliare occhio a non fare errori. Insomma poteva significare tante cose. Braccio pensò bene di accantonare l'episodio e concentrarsi sul servizio. IL mezzo li lasciò al punto stabilito e così fecero con Gatto ed il suo gruppo. Ed iniziò l'avvicinamento all'obbiettivo. Come era buio Braccio non vedeva ad un palmo dal naso. Viceversa i N.O.C.S. erano avvantaggiati dai visori notturni. Impiegarono più di un' ora per arrivare in prossimità della casa e lo stesso fece il gatto con l'atro reparto di teste di cuoio. Avevano proceduto con molta cautela e le orecchie pronte e percepire ogni piccolo rumore. A circa 50 metri dalla casa che nell'oscurità della notte sembrava un tetro edificio dell'orrore Braccio ed il suo gruppo si fermarono e si appiattarono (si nascosero) in attesa che iniziasse a fare giorno. UN Agente del N.O.C.S. sussurrò a Braccio:- dormi un po' è ancora presto. Dormire sta minchia, pensò Braccio senza rispondergli. Il tempo trascorse molto lentamente . Tutto intorno non si vedeva assolutamente niente . Braccio non riusciva a vedere nemmeno gli agenti del N.O.C.S. Sapeva che erano vicini a lui ma non riusciva a vederli. Non sentiva nemmeno un respiro. Era un qualcosa d'irreale. Si aspettava il primo spiraglio di luce. Era ancora buio quando all'improvviso si udirono chiaramente dei passi, qualcuno si stava avvicinando. D'istinto Braccio Portò la mano alla fondina ed estrasse la pistola d'ordinanza. Improvviso un brevissimo lampo accecante illuminò la notte. Braccio fece appena in tempo a vedere un uomo anziano il quale un attimo dopo fu immediatamente neutralizzato dagli Agenti del N.O.C.S. Il malcapitato non ebbe nemmeno il tempo di emanare un respiro che fu immediatamente imbavagliato ammanettato e con i piedi legati. Roba da rischiare un infarto! E anche a distanza di anni Braccio di Ferro continuò a chiedersi come all'uomo anziano quella notte non prese un colpo per la paura. Si trattava del contadino il quale insieme alla moglie e al figlio favoriva la latitanza di Peppe u cinghiali. Per alcuni minuti il gruppo rimase in silenzio. Poi via radio il capo del reparto comunicò all'altro gruppo dei N.O.C.S. :- abbiamo un prigioniero, ma non è il soggetto che cerchiamo. Quando finalmente il contadino sembrò calmarsi dall'agitazione e dal tremore che lo aveva assalito dal momento in cui si era visto saltare addosso quegli sconosciuti, quando i battiti del suo cuore rallentarono, il comandante di quel gruppo di N.O.C.S. guidati da Braccio di Ferro, si avvicinò all'orecchio dell'uomo e con forte accento romano gli disse:- Adesso te levo er bavaglio ma fai attenzione a non gridare tanto meno parlare. Devi solo rispondere con la testa facendo senno di si o di no! Hai capito? L'anziano lentamente abbasso con molta difficoltà la testa data la posizione in cui si trovava. Il Comandante del gruppo gli chiese:_ oltre a tua moglie e tuo figlio chi altro ce sta in casa ? L'anziano non fece alcun cenno. Il comandante gli rifece la domanda aumentando leggermente il tono della voce ma sempre con fare minaccioso. Anche questa volta nessuna risposta da parte del contadino. Braccio di Ferro decise d'intervenire. A sua volta si avvicino all'uomo e rivolgendosi a lui in dialetto e chiamandolo per nome e cognome gli chiese:- nta casa cu to mugghieri e to fugghiu cu c'è? Sentendo una voce che per al contadino forse in quel momento parve una voce amica, senza esitazione rispose a bassa voce. :- iti . iti tranquilli che ci sunno sulu me mugghieri e me figghiu. Eu ogni matina mi iasu a sta ura e vaiu nde nimali. Braccio di Ferro comprese che l'anziano era sincero! Il latitante quella notte non si trovava nella casa. Cosa ha detto chiese il comandante dei N.O.C.S. Con tono amareggiato Braccio rispose:- Ha detto che non c'è nessuno in casa, solo sua moglie e suo figlio. Un attimo dopo Il contadino fu nuovamente imbavagliato. Nel frattempo aveva fatto un po' di luce e quindi comunicando via radio i due gruppi concordarono l'intervento. Il prigioniero come avevano iniziato a chiamarlo dal momento in cui l'anziano uomo era stato bloccato e imbavagliato, lo lasciarono in custodia di Braccio di Ferro. Alle prime luci dell'alba mentre Li vedeva allontanarsi in fila uno dietro l'altro, tutti vestiti di nero, Braccio di ferro pensò alla moglie del contadino, povera donna speriamo che a lei non prenda un colpo vedendoseli davanti improvvisamente. MI sa che oggi ci scappa il morto, ma non certo per un conflitto a fuoco ma per lo spavento. Meno di mezzo minuto dopo un frastuono incredibile irruppe nel silenzio della montagna! Un miscuglio di rumori, sembrava che stessero demolendo l'intera abitazione. Nella luce mattutina Braccio volse lo sguardo verso il prigioniero. Adesso lo poteva vedere bene in viso. Il terrore che aveva lo si poteva leggere nei suoi occhi: Mosso a compassione braccio gli disse con voce calma e pacata chiamandolo stavolta con il solo cognome:- D..... sta tranquillu a to mugghieri e to figghiu non ci succeri nenti. Ora nchianamu puru nui e i viri.

Come aveva previsto Braccio di Ferro, in quella irruzione turbolenta il latitante Giuseppe IERINO' alias Peppi u Manigghia alias Peppi u cinghiali per la squadra , non fu trovato perché non c'era, non aveva dormito in quella casa di montagna situata nel fondo di un canalone. Un nascondiglio ideale ma scoperto grazie alla bravura e alla tenacia di una piccola squadra di cacciatori di latitanti. Braccio di Ferro slegò i piedi del prigioniero, gli tolse il bavaglio, ma gli lasciò le manette ai polsi. Mentre si stavano avviando verso la casa, arrivarono i mezzi della Polizia. Dal primo scese Speranza con in mano un M12 . Sicuramente il Bracco lesse negli occhi di Braccio di Ferro la delusione che lo animava. Superò il poliziotto ed il suo prigioniero e affrettò il passo verso il nascondiglio che quella notte non era stato utilizzato. Il risultato fu Peppe IERINO' 1 Squadra Mobile di Reggio Calabria 0. Ma come ebbe a dire la sera di quel giorno lo stesso Bracco portando a cena gli uomini che avevano reso possibile quell'operazione purtroppo non coronata da successo, "abbiamo perso una partita, ma il campionato non è finito. Non era finita! Cazzo, pensò Braccio di Ferro! Sarà dura ricominciare da capo.

Gli Agenti del Nucleo Operativo Centrale Sicurezza partirono qualche ora dopo il termine dell'operazione "Giacobbe", giusto il tempo di fare rifornimento alle varie "bat mobili" e scomparirono da quelle contrade. Alla squadra rimase il cruccio della mancata riuscita della cattura. Il gatto per diversi giorni miagolò malamente nella direzione di Roma inveendo contro "Gigino Gigetto", a suo dire l'unico vero colpevole dell'insuccesso, opinione condivisa anche da Vasco e Braccio di ferro. Un ridotto numero di personale della Squadra Mobile di Reggio Calabria, gente abituata a muoversi silenziosamente in montagna avrebbe avuto maggiori possibilità di passare inosservato e con migliore libertà di movimento, garantendo l'arresto. Invece Gigino Gigetto aveva voluto fare le cose in grande per accaparrarsi principalmente il merito della cattura. Queste cose le sapeva anche il Bracco, ma non lo ammise mai davanti ai suoi uomini. Si limitò ancora una vola a ripete :- Ubi maior minor cessat e fu voltata pagina Il giorno dopo l'operazione "Giacobbe" gli uomini della squadra si presero qualche giorno di riposo ritornando agli affetti familiari e per riordinare le idee, poi fecero ritorno nella Locride. Qualche giorno dopo il loro arrivo a Siderno, vennero a conoscenza che la sera prima della famosa operazione più di una voce sconosciuta si era preso la briga di avvisare telefonicamente la famiglie del latitante che era meglio cambiare aria! Fui Pepè fui! Evangelicamente parlando potremmo tradurla:- Giuseppe Giuseppe, prendi Maria ed il bambino e scappa in Egitto perché Erode ed i suoi soldati stanno arrivando. Il particolare non fu mai approfondito dalla Gatto Vasco e Braccio di Ferro i quali dallo stesso giorno del loro rientro si misero subito alla ricerca di Giuseppe. Adesso era venuta meno la grande necessità di nascondersi il più possibile e potevano agire ed investigare liberamente alla luce del sole anche se non proprio apertamente. Fu adottata la strategia della terra bruciata. Ogni masseria ovile abitazione di montagna fu controllata e perquisita. Ogni singolo elemento che vagava per quelle montagne fu fermato e identificato. Il latitante doveva rimanere solo. Anche moglie e familiari furono sovente sottoposti a ispezioni. In sostanza il latitante ed i suoi familiari dovevano sentire il fiato della polizia sul collo. Dovevano innervosirsi e commettere un passo falso. Le conversazioni via radio per un certo tempo diminuirono anzi cessarono del tutto. Poi le acque si calmarono e d'altronde il latitante aveva necessità di rifornimenti, cibarie medicine batterie e altro. Intorno a lui si era creato il vuoto, non aveva più una casa una capanna una grotta sicura dove poter ripararsi dal freddo della notte in montagna. Ma il cinghiale era un uomo abituato a muoversi in quelle zone montuose, conosceva ogni sentiero che conduceva alle Serre vibonesi! Nardodipace Fabrizia e tanti altri luoghi, inoltre per dormire gli bastava il sacco a pelo che portava sempre con se per infilarcisi dentro e dormire nascosto nel fitto della boscaglia. Dopo l'operazione "Giacobbe" era divenuto un latitante mobile, era sempre in movimento e ogni notte cambiava giaciglio tra le foglie. Tutto ciò rese la ricerca ancora molto ma molto più difficile, ma non impossibile. Nel frattempo per alleviare la delusione e amarezza scaturita dalla citata operazione che aveva visto l'intervento del N.O.C.S. La squadra sempre sulle tracce del manigghia, s'imbatte invece in quelle di due latitanti della zona di Gioiosa Jonica Superiore. Non possedevano certo l'autorevolezza ed importanza di Peppe IERINO', non avevano uno spessore criminale rilevante, ma in fondo erano sempre due latitanti ed in tempi di magra tutto faceva brodo. Il primo era tale R.I. il quale aveva voluto seguire le orme dello zio S..... arrestato qualche anno prima, dandosi anche lui alla malavita. Il secondo si trattava invece di S. B. In definitiva si trattava di due cani sciolti non appartenenti ad alcuna consorteria mafiosa della zona. Ambivano a farsi un nome nel panorama criminale della Locride e forse a crearsi una loro cosca personale. Sulle modalità utilizzate da Gatto Vasco e Braccio di Ferro per individuare il covo dove costoro trovavano rifugio la notte, è meglio soprassedere, aggiungiamo che non causò spreco di risorse tempo e mezzi, insomma fu abbastanza facile a tal punto che due notti dopo il Bracco inviò da Reggio Calabria in appoggio il clan del SICILIANO", ovvero la squadra Catturandi al comando di un Funzionario originario del centro Sicilia. Il covo, era in realtà una casa semidiroccata situata in aperta campagna. Circondato il nascondiglio, Braccio di Ferrò con un calcio buttò giù la porta e alla luce di una torcia all'interno della stanza vide tre uomini intenti a dormire i quali furono svegliati bruscamente. R.I data la sua maggiore importanza criminale stava comodamente dormendo su una branda completa di materasso, S.B. su un materasso disteso in un angolo per terra. Il terzo uomo un certo P.N. di Grotteria, arrestato per favoreggiamento invece trascorreva le ore della notte disteso su una coperta tra lui ed il nudo pavimento. Fini così la breve latitanza di R.I. e dei suoi sogni di gloria criminale. Per lui per S.B. e P.N. si aprirono le porte del carcere. Nella stessa mattinata il Bracco si catapultò nella Locride. Gatto e Braccio di Ferro lo andarono ad aspettare sulla Jonio Tirreno all'altezza dello svincolo di Gioiosa Jonica. Sceso dall'autovettura, accennò ad un lieve e breve sorriso. Negli anni a venire Braccio pensò spesso a quell'episodio, era stata l'unica volta in cui aveva visto sorridere il cane mentre parlava ai suoi soldati. Rivolgendosi al gatto gli disse:- ti sei salvato e non aggiunse altro. Chiusa parentesi e chiuso breve intermezzo diversivo. Il giorno dopo riprese la caccia al "cinghiale". Nel frattempo il latitante avendo riacquistato sicurezza riprese a parlare via radio con la moglie T.A. Da Roma Gigino Gigetto autorizzò l'invio di un radiogoniometro montato su un furgone e una piccola squadra di operatori della Polizia Scientifica. Il cinghiale si spostava continuamente come un animale braccato. occorreva una precisa triangolazione Fu così che iniziò il periodo dei rilevamenti. Nello stessi tempo accadde un fatto degno di essere raccontato. Una sera, era quasi buio, Gatto e Braccio di ferro, passando davanti casa del latitante situata vicino un crocevia a Gioiosa Jonica Superiore, notarono la moglie di costui T.A. sull'uscio di casa in compagnia di una donna anziana e di un uomo sulla mezza età Il gruppetto si stava salutando. Chi erano le persone che avevano fatto visita a quell'ora alla famiglia del latitante? Incuriositi i due poliziotti si appostarono in un punto dove potevano osservare la casa. Fu allora che videro uscire dall'edificio la figlia più piccola di Peppe u manigghia di nome R. salire sulla piccola utilitaria parcheggiata davanti la casa ed andare via insieme all'uomo di mezza età alla guida ed alla donna anziana. T.A. li accompagnò con lo sguardo sino a vederli girare l'incrocio e poi rientrò in casa. Un unico pensiero accumuno il Gatto e Braccio di Ferro. Stava accadendo qualcosa di molto interessante dal punto di vista dell'indagine in corso. In quei giorni Peppe IERINO' aveva smesso di comunicare via radio con la moglie e la cosa dava spazio a due ipotesi. La prima che avesse notato la presenza del radiogoniometro, oppure che gli fosse stato segnalato da qualche suo favoreggiatore. La seconda era che per un qualsiasi motivo che la squadra ignorava, momentaneamente aveva cambiato zona e da dove si trovava adesso non poteva comunicare via radio come suo solito. Nel 1991 non c'erano ancora i cellulari, solo i privilegiati li possedevano e Gatto Vasco e Braccio di Ferro non rientravano certo in questa categoria. Per loro esisteva solo la radio dell'Amministrazione e gli apparati radio collegati con la centrale allestita nella sede Polstrada di Siderno e dove Vasco stava in ascolto si può dire quasi 24 ore su 24 circondato costantemente da una nube di fumo generata dal numero imprecisato di sigarette che fumava giornalmente e spesso anche di notte. L'allarme fu dato via radio appena l'autovettura con a bordo Gatto e Braccio agganciò la piccola utilitaria in prossimità della galleria della Limina e fu possibile rilevare la targa. Intestatario:- tale C.D. nato e residente a Sorianello, in sostanza parliamo della zona delle Serre. Chi era costui, chi era la donna anziana e soprattutto perché avevano con loro a bordo la figlia R di Peppe u manigghia per cui il latitante stravedeva? Il mistero s'infittiva. Fu chiesta la collaborazione di una pattuglia della Polizia stradale e soprattutto fu mobilitato il personale della sezione distaccata della Squadra Mobile di Locri guidata dal "capitano A". Le comunicazioni radio furono un continuo susseguirsi. Furono utilizzati canali e frequenze diverse da quelle usate abitualmente. L'ipotesi più plausibile era che l'uomo e la donna anziana fossero andati a prendere la figlia più piccola del cinghiale per condurla dal padre. Immediatamente fu concordato un piano. L'ora tarda non consentiva perdita di tempo, bisognava agire. La piccola utilitaria sarebbe stata fermata dalla pattuglia della Polizia Stradale, subito dopo sarebbe arrivato il personale in borghese e sulla piccola utilitaria avrebbero preso posto due agenti in borghese non senza prima aver messo alle strette l'uomo di mezza età il cui nome corrispondeva con l'intestatario della macchina fermata. C.D. di Sorianello, ivi residente. In seguito a mente fredda Gatto Vasco e Braccio di Ferro ci ragionarono spesso sulle varie fasi che si susseguirono la sera di quell'intervento e sempre furono d'accordo che non si poteva agire diversamente. Con il passare dei giorni e delle settimane a livello centrale da Roma Gigino Gigetto voleva risultati, da Reggio Calabria lo stesso Bracco premeva perché si ottenessero degli sviluppi, insomma la pressione era tanta e si avvertiva in tutti i modi. Il funzionario che comandava la sezione distaccata della Squadra Mobile di Locri, proveniva dalla carriera Ufficiali del disciolto corpo delle Guardie di Pubblica sicurezza per questo veniva chiamato "Capitano". Per una serie di vicissitudini che niente hanno a che fare con questa storia, da Roma era stato mandato a guidare la Sezione S.M. di Locri. Non si poteva certo definirlo un conoscitore di quei luoghi, tanto meno un esperto del fenomeno criminale della zona. Lui stesso ne era consapevole e appunto per questo si affidò alle decisioni che avrebbero preso i tre componenti della squadra i quali da mesi alitavano sul collo di Peppi u manigghia. C.D. messo alle strette dichiarò che stavano facendo rientro a Sorianello a casa. 

 Sulla piccola utilitaria che era stata bloccata dagli Agenti della Polizia Stradale all'altezza dello svincolo di Mileto, presero posto Braccio di Ferro alla guida con non poche difficolta di spazio, Gatto lato passeggero e dietro stipati il C.D la donna anziana che risultò essere sua madre e nel mezzo la piccola R. Direzione Sorianello, seguiti a distanza dalla altre autovetture civili della Polizia. Durante il resto del viaggio, Braccio iniziò a pensare che era molto ma molto improbabile che entrassero in contatto con il latitante! Era contro ogni logica che il manigghia stesse aspettando la figlia a casa del C.D. Sicuramente l'abitazione di Sorianello era un punto di passaggio e la piccola sarebbe stata condotta dal padre qualche giorno dopo il quale era certamente nascosto in un posto sicuro della zona. Quella sera, di Braccio di Ferro, non faceva una grinza, ma ormai si era in ballo e bisognava ballare. Se non altro avrebbero raggiunto lo scopo di fare ancor di più terra bruciata attorno al latitante, facendolo innervosire maggiormente. E si sa, quando ci si innervosisce si perde la lucidità non si ragiona e si commettono imprudenze. E tutto ciò come per ogni essere umano valeva anche per il "CINGHIALE" Gli uomini della Mobile come i falchi della notte piombarono sulla casa di D.C. circondando l'intero isolato, bloccando ogni uscita controllando ogni soggetto. Ogni buco ed angolo dell'abitazione fu perquisito e controllato accuratamente. Si cercarono anche documenti ed indizi vari che potessero fornire una qualsiasi traccia utile. Niente da fare . Alla fine i poliziotti desistettero. Era inutile continuare la perquisizione in quanto avevano frugato dappertutto, quindi dopo la compilazione dei verbali si avviarono verso Siderno e Locri. Durante il viaggio di ritorno Gatto Vasco e Braccio di Ferro si ritrovarono da soli sull'auto. Nessuno aveva voglia di parlare . Braccio di Ferro mentre guidava era immerso nei suoi pensieri. Il Gatto sonnecchiava con la testa appoggiata al finestrino. Vasco se ne uscì con questa frase:- chissà come la prenderà il cinghiale visto che gli abbiamo sequestrato la bambina! A quelle parole il Gatto si destò dal suo torpore e Braccio si girò verso i due compagni. Anche questa volta nessuno fiatò. Il giorno dopo la squadra riprese l'attività investigativa ma limitandosi al solo servizio d'intercettazione ed ascolto. Fu del tutto inutile perché la radio tacque quel giorno ed anche nei successivi, al punto che la squadra iniziò a pensare che con quella perquisizione avevano compromesso l'intera indagine. Utilizzarono quei giorni per riordinare le idee, approfondire gli accertamenti che avevano lasciato in sospeso e riascoltare le vecchie conversazioni. Finalmente il manigghia tornò a farsi sentire riprendendo a parlare con la moglie. La conversazione durò meno del previsto e nessuno dei due fece cenno a quanto era successo a Sorianello. Comunque l'importante fu che il latitante aveva ripreso ad utilizzare l'apparato radio. Dal giorno dopo il radiogoniometro mobile riprese a battere le zone montuose che da sopra Martone conducevano verso le Serre Vibonesi. Per arrivarci ogni giorno facevano ampi giri evitando di passare dall'abitato di Gioiosa Jonica Superiore. Furono effettuati servizi di avvistamento notturno che a volte si protraevano sino all'alba. La tenacia e l'insistenza finalmente premiò il gruppo. Nel frattempo la moglie del latitante aveva preso ad avvalersi della collaborazione del fratello T.R. L'indagine si stava avviando ad una svolta. Facendo combaciare e confrontare le ultime conversazioni il cui contenuto era colmo di messe frasi pronunciate in un linguaggio complicato da intendere, con le triangolazioni e rilevamenti del radiogoniometro, si individuo una precisa zona di montagna dove il latitante Peppe IERINO' aveva stabilito un dato giorno per incontrarsi con la famiglia e passare una giornata insieme. La zona era abbastanza vasta e bisognava muoversi con molta cautela per evitare di essere avvistati. Inoltre questa volta occorreva molto personale. Un altro elemento valido della squadra Mobile distaccata di Locri, esperto conoscitore di quelle montagne si unì alla squadra di Gatto Vasco e Braccio di Ferro. Nome in codice "MAMAU". ( si ricorda ai lettori, che solitamente un soprannome veniva affibbiato, facendo riferimento al cognome del soggetto oppure a qualche sua caratteristica particolare). In più da Reggio Calabria, il Bracco decise d'inviare nuovamente il "clan del siciliano" e cioè la squadra Catturandi al comando del funzionario. La squadra era composta da elementi molto validi, abituati a muoversi in montagna ed al buio. Spiccava in maniera particolare il "Surici", un elemento abituato a rimanere fermo in appostamento anche per intere giornate. Aveva la passione per la caccia e si portò dietro il suo fucile automatico caricato a pallettoni. Tutto fu organizzato nei minimi dettagli, armamento compreso. Del gruppo faceva parte anche il capitano A ed altro suo personale. In sostanza era un piccolo esercito di poliziotti. In quella occasione anche Vasco abbandonò le sue amate apparecchiature situate nella centrale della Polstrada di Siderno e volle partecipare all'operazione. Ma prima sistemo l'automatismo che avrebbe consentito le registrazioni via radio che eventualmente si sarebbero verificate e portò con se due piccoli apparati radi trasmittenti che gli avrebbero consentito di fare l'ascolto anche da quei luoghi montuosi. Il Gatto e Mamau dislocarono gli uomini in diversi punti di quella vasta zona. Rimanendo ben nascosti bloccarono sentieri e stradine. La piccola colonna di poliziotti era arrivata nella area prestabilita quando era ancora buio. Il tragitto percorso li aveva portati a sconfinare nella vicina Provincia di Vibo Valentia. Di fatto si trattava ancora della Provincia di Catanzaro, anche perché quella di Vibo fu istituita il 6 marzo del 1992 insieme a Crotone. Ora rimaneva soltanto una cosa da fare, stare nascosti senza muoversi e attendere. Casualmente Vasco si posiziono a qualche decina di metri da dove si trovava Braccio di Ferro. Dei tre Vasco era il meno indicato per i servizi di appostamento e pedinamento, Non riusciva a stare fermo specie nella boscaglia, si trovava più a suo agio tra gli strumenti elettronici ed era capacissimo di rimanerci per 48 ore di seguito alternando caffè e sigarette e senza mangiare in queste sue mansioni c'era da dire che era veramente un mago. Le ore passavano lente, erano giunti sul posto che era ancora notte, avevano visto fare giorno e con il passare del tempo aumentava il nervosismo. Ad un certo momento, dal cespuglio in cui era nascosto Vasco, Braccio di Ferro vide alzarsi una nuvoletta di fumo prodotta da una sigaretta. Strisciando sino a lui gli intimò:- testa di cazzo spegni subito questa sigaretta, non lo sai che il montagna l'odore del fumo si avverte anche a distanza. Suo malgrado, Vasco fu costretto a rinunciare a fumare e tornò ad accovacciarsi avendo cura di coprirsi anche di foglie. Intorno a mezzogiorno in lontananza si ascolto il rumore di una moto. Vasco e Braccio si trovavano mimetizzati tra i cespugli di una collinetta. A poche decine di metri sotto di loro, c'era una piccola radura circondata dalla vegetazione. Vi si accedeva da una stradina di terra battura dove passava a mala appena una piccola utilitaria. Il rumore si fece più vicino. Istintivamente Braccio di Ferro tolse la sicura all'M12 e selezionò l'arma a raffica. T. R. cognato del latitante in quanto fratello della moglie, arrivò a bordo di una grossa moto da cross. Procedeva lentamente controllando il terreno all' evidente ricerca di eventuali tracce di pneumatici. Era senza casco e appunto per questo fu immediatamente riconosciuto. Giunto nel piccolo spazio in mezzo al bosco fermò la moto e solo allora alzò lo sguardo intorno. Osservò con molta attenzione il circondario alla ricerca di qualsiasi cosa che potesse insospettirlo. Braccio aveva preparato il suo nascondiglio molto bene e non era individuabile nemmeno da due metri. Riuscì a seguire tutti i movimenti di T.R. sino a quando costui presumibilmente convinto non girò la moto e si allontanò. Dopo qualche minuto il Gatto ruppe il silenzio via radio e con voce fioca comunicò:- attenzione a tutti, forse ci siamo. Era il cognato, sicuramente starà facendo da battistrada oppure è venuto prima a controllare. Il cinghiale può arrivare da un momento all'altro. Dai vari punti di osservazione nel bosco, ove erano dislocati gli altri uomini, nessuno fiatò. I nervi erano tesi, tutti stavano all'erta, forse era giunto il momento di porre fine all'indagine stringendo i braccialetti intorno ai polsi del ricercato. Il compimento di un lungo ed estenuante percorso. Si attesero dici minuti poi venti poi trenta, infine un ora, due tre ma non accadde nulla. Non si vide anima viva. Qualcosa era andato storto. O, il cognato si era accorto della presenza di qualcuno del gruppo, oppure l'appuntamento per un motivo qualsiasi non era avvenuto, il latitante non si era incontrato con la moglie T.A. Si decise di porre fine al servizio, ormai era tardi ed evidente che non ci sarebbe stato nessun rendez-vous. Molto lentamente da ogni punto di osservazione, l'intero gruppo della Squadra Mobile si radunò nel punto d'incontro stabilito precedentemente. Il morale e la delusione serpeggiavano nell'animo dei poliziotti. Ancora una volta il servizio terminava con il classico buco nell'acqua. La stanchezza era evidente sul volto di tutti quanti e finalmente tutti si concessero un momento di riposo e di rilassamento. Tutti erano stremati e affamati. Qualcuno di essi era dalla notte che aveva addosso il giubbotto anti proiettili e l'M12. Giubbotti e mitra furono adagiati per terra, qualcuno addirittura fu appeso ai rami di un albero. IL "siciliano" ovvero capo della catturandi si consultò con il "capitano A. con "surici" ed altri tra cui Gatto Vasco e braccio di ferro. Al rientro a Siderno avrebbero comunicato l'esito del servizio al Bracco e avrebbe deciso lui se l'attività di Polizia doveva essere ripetuta la notte successiva. Vasco fece osservare che ripetere l'appostamento sarebbe stato inutile e forse anche compromettente! Era meglio aspettare il prossimo incontro e nel frattempo proseguire l'ascolto delle intercettazioni. Mentre discutevano, il gruppetto si era spostato sulla stradina che passava attraverso il bosco. Si stava decidendo il da farsi per incamminarsi verso il luogo lontano dove avevano lasciato le autovetture, che ecco nuovamente il rumore della moto in avvicinamento verso di loro. Il Gatto iniziò a borbottare a voce bassa:- è il cognato che sta andando via tutti al riparo non fatevi vedere nascondetevi! Nella fretta e nel timore di essere avvistati il "commando della Polizia si buttò fuori strada chi nelle parte inferiore del bosco ed altri nella parte superiore . Passarono meno di 20 secondi e tutti abbassarono la testa il più possibile per evitare di essere visti. Braccio di ferro aveva trovato riparo dietro un cespuglio a meno di due metri dalla stradina di montagna e quindi ebbe possibilità di vedere tutto da vicino e con dovizia di particolari. Davanti a tutta la squadra di operativi passo si Il T.R. senza casco e alla guida della moto di grossa cilindrata1 Ma dietro a lui vi stava seduto il "LATITANTE" con casco integrale in testa, fucile mitragliatore appoggiato sulla gamba con la canna bucherellata rivolta verso l'alto e quindi pronta all'uso e due oggetti rassomiglianti a delle bombe a mano che gli pendevano dal giubbotto. Anche a distanza di tempo Braccio di Ferro ripetette spesso:- Rimanemmo tutti impietriti dallo sgomento ed il latitante con il casco integrale in testa e armato sino ai denti ci passò a pochi metri di distanza a bordo della moto condotta dal cognato T.R. Nessuno dei due si accorse della nostra presenza.

Fortuna o sfortuna volle che nessuno dei due a bordo della moto si accorse della presenza degli uomini della Polizia. Gli M12 rimasero per terra e appesi ai rami degli alberi. Le pistole rimasero nelle fondine e così il cinghiale si allontano indisturbato e senza accorgersi della presenza dei cacciatori. Mai come quel giorno era stato così vicino alla cattura. Chissà se in seguito Peppe IERINO' avrà mai saputo di questa storia. In ogni caso forse potrà saperlo se qualcuno gli racconterà di quanto scritto su queste pagine. Appena la moto si fu allontanata senza che guidatore e passeggero si accorgessero della presenza degli sbirri, "Mamau" uscì dal suo nascondiglio esclamando: era u manigghia era un manigghia u latitanti! Bastava na raffica i mitra nte roti ra motu" Qualcuno gli rispose:- e perché non sei uscito tu a sparare? A quel tempo e parlo della seconda metà del 1991, non venivano effettuati ancora studi approfonditi su quella che era la personalità e carattere di un criminale! Per cui ci si basava sulle notizie e confidenze che si raccoglievano nel corso delle indagini. Peppe IERINO' veniva indicato come un uomo duro e deciso molto avvezzo all'uso delle armi. Insomma se andava in giro armato in tal maniera non era certo per abbellimento ma per usarle all'occorrenza. Di questo ne fu sempre convinto Vasco il quale affermò sempre che se quel giorno loro avessero sparato contro il latitante o avessero tentato di fermarlo, il cinghiale messo alle strette non avrebbe esitato ad utilizzare i gingilli che portava appesi al giubbotto oppure ad abbassare quel suo fucile mitragliatore. Insomma gli bastava intravedere anche un piccolo spiraglio di fuga e avrebbe reagito sparando, mentre le armi a raffica dei poliziotti rimanevano per terra e appesi ai rami degli alberi! Una strage sarebbe avvenuta, una strage, concludeva Vasco ogni volta che si trovò a raccontare a pochi intimi questo episodio. In effetti se fosse scoppiata una sparatoria i poliziotti avrebbero finito per spararsi tra di loro, perché nella fretta di nascondersi di disposero ai due lati della stradina con il mezzo il latitante ed in cognato. Indirizzando i colpi verso i due, qualche pallottola se non più di una sarebbe finita contro i colleghi. Questo era scontato. Il pericolo sarebbe stato reale sia per gli operativi della Polizia che per il latitante ed il cognato. Quel giorno ebbe termine anche la lunga indagine mirata alla cattura di Giuseppe IERINO' alia Peppi u manigghia alias u cingiali! Il Bracco informato degli avvenimenti, rimase senza parole. Emise solo un lieve lamento da cui i presenti vicino a lui mentre apprendeva telefonicamente la notizia, percepirono solo la parola raffica e niente altro! Dopo quel giorno nessuno aveva più voglia di parlare. Gatto Vasco e Braccio di Ferro erano convinti che di li a qualche giorno, il Bracco avrebbe dato l'ordine di smantellare la piccola centrale nella Polstrada a Siderno e rientrare in sede a Reggio Calabria. Invece al nord accadde un crimine che assunse una importanza politica nazionale che li obbligò a rimanere in zona ed a continuare a far uso delle apparecchiature. Questa volta non si trattava di catturare un latitante ma di qualcosa di ben più grave che fortunatamente prima che finisse l'anno 1991 ebbe fine positivamente grazie al lavoro degli investigatori della Polizia di Stato, tra cui anche la piccola squadra composta da Gatto, Vasco e Braccio di Ferro a cui nelle ultime battute si aggiunse un operativo proveniente da altro ufficio. Costui più che un poliziotto aveva l'aspetto di un "ragioniere" e così fu soprannominato. Ma questa è un'altra storia che non odora di aria di montagna, del rumore silenzioso dei boschi, della brina del mattino e del sorgere del sole volgendo lo sguardo verso est, là in fondo dove si vede in lontananza il mare blu della costa jonica della Calabria, terra di poeti di cantastorie di pastori e di briganti degli ultimi anni del secolo novecento.

F I N E

Per dovere di cronaca:- Giuseppe IERINO' il manigghia rimase ancora latitante. Nel 1994 la Squadra Mobile di Reggio Calabria inviò nuovamente personale operativo con l'incarico di catturarlo. Ne facevano parte Vasco ed il Messicano posto al comando dell'unità operativa. Avrebbero ancora una volta usufruito della collaborazione degli Agenti della Sezione distaccata della Squadra Mobile di Locri non più al comando del Capitano A. Braccio di Ferro si aggrego qualche mese dopo, dietro insistenza di Vasco. Ma ormai non esistevano più gli stessi presupposti del 1991. Erano cambiati gli uomini, era cambiato il modo di pensare, ma soprattutto la metodologia di lavoro. Inoltre mancava anche il Gatto che aveva cambiato Ufficio. Venne a mancare l'affiatamento nel pensare e agire che aveva accumunato il trio Gatto Vasco e Braccio di Ferro e che aveva consentito loro di svolgere una grande attività investigativa in una zona ed in un contesto storico non facile per quei tempi. Nonostante non fu culminata da successo quell'attività di Polizia, rimase una cosa strabiliante. Non è mai stata raccontata, tanto meno apprezzata come meritava dall'Amministrazione! Tanto meno lo furono mai i suoi tre protagonisti principali. Ma si sa quello, ciò che un poliziotto fa in servizio, lo fa e basta senza dirlo a nessuno. Braccio si rese conto in quella sua missione del 1994 che le controversie urtavano con il suo metodo investigativo e che quel servizio non avrebbe portato a niente e così fu. Chiese quindi di rientrare in sede a Reggio Calabria dove a comandare la Squadra Mobile non c'era più nemmeno il "Bracco". Anche questa seconda ed ultima missione per la cattura del Peppi u manigghia finì con un insuccesso. A porre fine alla latitanza di Giuseppe IERINO' ci pensarono i Carabinieri l'anno successivo, i famosi "cugini di campagna" i quali presero a frequentare assiduamente in questo caso la montagna. Il 4 aprile del 1995 effettuarono un appostamento e lo intravidero a distanza. Intelligentemente gli spararono ferendolo lievemente e di fatto immobilizzandolo. Dopo 13 anni di latitanza finiva così il girovagare del "cinghiale " tra i boschi delle Serre. Dal lettino del pronto soccorso ove era stato trasportato per sottoporlo alle prime cure causate dalla lieve ferita, si trovò a dire;. Non pensavo che i carabinieri fossero così bravi, potevano uccidermi ma non l'hanno fatto.

E nel lettino di un ospedale, Finì così l'era del "cinghiale" che aveva vagato per valli e monti guadando fiumare e ruscelli e dormendo esposto al gelo della notte e come tetto "un cielo di stelle"

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